ROMA (ITALPRESS) – La BPCO – Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva – è una malattia molto diffusa e una delle principali cause di morte nel mondo, sebbene sia ancora sottodiagnosticata. Secondo i dati ISTAT, in Italia la BPCO, colpisce dal 5 al 10% della popolazione sopra i 40 anni (circa 3,5/5 milioni di persone) ed è responsabile di oltre il 50% dei decessi per malattie respiratorie.
La BPCO si manifesta inizialmente con respiro corto – dispnea o difficoltà respiratoria durante le attività quotidiane – e può essere caratterizzata anche da secrezioni mucose anomale. Per una prima diagnosi è importante eseguire un test del respiro, la spirometria, che consente di valutare la presenza di ostruzione bronchiale e la quantità di aria intrappolata nei polmoni, il cosiddetto volume residuo. Nei casi più avanzati, la terapia tradizionale si basa principalmente su farmaci somministrati con dispositivi inalatori.
Come sottolinea Michela Bezzi, Responsabile di Pneumologia Interventistica presso l’ASST Spedali Civili di Brescia: “E’ importante ricordare che, insieme alla terapia farmacologica, la riabilitazione respiratoria o fisioterapia polmonare è fondamentale: si tratta di una riabilitazione respiratoria e motoria indispensabile per mantenere un adeguato livello di trofismo muscolare e per insegnare ai pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva a respirare correttamente con i muscoli respiratori, in particolare con il diaframma”. Per stabilire quali pazienti possano beneficiare del trattamento – e quale terapia adottare – sono fondamentali alcuni esami diagnostici, come la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), che fornisce dati essenziali sull’anatomia polmonare, e naturalmente la spirometria.
Nel modello attuale di trattamento, per la BPCO – soprattutto quando caratterizzata dalla presenza di enfisema, malattia respiratoria progressiva che colpisce gli alveoli polmonari riducendo la quantità di ossigeno assorbito ad ogni respiro – sono disponibili diverse terapie. Sebbene farmaci, ossigenoterapia e riabilitazione possano aiutare a gestire i sintomi, non invertono il danno strutturale causato dall’enfisema, in cui il tessuto polmonare malato diventa ipertrofico e meno efficiente. Per i pazienti con malattia avanzata che rimangono senza fiato nonostante una terapia ottimale, ridurre il volume delle aree più danneggiate può migliorare la funzionalità polmonare complessiva. In passato, questo era possibile solo attraverso la chirurgia, che è altamente invasiva e adatta a pochi pazienti.
Per colmare possibili lacune terapeutiche dipendenti da caso a caso, sono state sviluppate tecniche broncoscopiche come alternativa meno invasiva. Il trattamento con valvola endobronchiale utilizza minuscole valvole unidirezionali per bloccare il flusso d’aria nelle regioni più malate, consentendo al contempo all’aria intrappolata e alle secrezioni di fuoriuscire. Questo riduce gradualmente l’iperinflazione, dando alle parti più sane del polmone più spazio per espandersi e funzionare efficacemente. I pazienti sottoposti a questa procedura possono riscontrare miglioramenti nella respirazione, nella tolleranza all’esercizio fisico e nella qualità della vita, senza la necessità di un intervento chirurgico maggiore.
“Le valvole endobronchiali per la riduzione volumetrica in caso di enfisema grave”, prosegue Bezzi, “vengono posizionate mediante broncoscopia, una procedura mininvasiva che non richiede incisioni nè un vero e proprio intervento chirurgico. Si tratta invece di una procedura di circa un’ora che ci permette di raggiungere i bronchi, studiarne l’anatomia e infine posizionare le valvole endobronchiali tramite sottili cateteri, rilasciandole nei bronchi in modo preciso e mirato”. Dopo la dimissione, il follow-up è affidato allo pneumologo di riferimento, che prescriverà un preciso calendario di controlli: “Un mese dopo il trattamento e dopo la riabilitazione, il paziente eseguirà una spirometria e una radiografia; a 3 mesi, una pletismografia dei volumi polmonari e una nuova TAC; ancora, a 6 e 12 mesi, una spirometria e una radiografia del torace e, infine, a 12 mesi una TAC toracica”, conclude Bezzi.
Informazioni per i pazienti: https://itpazienti.pulmonx.com/
-foto screenshot video ufficio stampa LTM & Partners –
(ITALPRESS).









