MILANO (ITALPRESS) – L’informazione per i giovani diventa uno strumento di identità. Il 60% la usa per divertirsi, il 59% per gestire la vita pratica e il 55% per coltivare la propria curiosità attraverso interessi e passioni, come musica (55%) o salute e benessere (52%). Attualità (51%), cronaca locale (43%) e politica italiana (40%) interessano solo se toccano la quotidianità, confermando il profilo di una generazione selettiva e pragmatica.
Rispetto agli adulti, i giovani mostrano meno interesse per politica (-11%), cronaca (-15%) e attualità (-13%), ma più attenzione a temi legati al tempo libero (+20%) e al percorso di studio (+19%). Nella loro “dieta informativa” convivono locale e globale: il 53% guarda al mondo, il 47% resta ancorato al territorio.
È il quadro che emerge dal focus “giovani e informazione” dell’Osservatorio GenerationShip 2025 di Changes Unipol, a cura di Kkienn Connecting People and Companies, che analizza comportamenti, abitudini e percezione della qualità informativa tra i 16 e i 35 anni. L’80% dei giovani si informa online, contro il 45% che utilizza ancora canali offline.
I social media sono ormai il principale punto di accesso alle notizie: il 46% li usa per informarsi, con Instagram (79%), YouTube (43%), TikTok (40%) e Facebook (41%) ai primi posti. Tra le fonti tradizionali resistono i telegiornali (43%), seguiti dai quotidiani online (35%) e dalla radio (25%). Solo il 12% legge quotidiani cartacei, e appena il 5% li considera fonte primaria.
La Gen Z non si ferma ai social: li usa per scoprire notizie, ma cerca conferme su fonti giornalistiche e agenzie accreditate. I giovani dedicano in media 1 ora e 50 minuti al giorno all’informazione (contro 1 ora e 33 minuti degli adulti). Un quarto si informa più di 3 ore al giorno e il 7% supera le 5. Tuttavia, il 53% consuma informazione in modo passivo, esposto a un flusso continuo di contenuti che arrivano da social, chat e motori di ricerca.
La disinformazione non è più un rischio teorico: è un fenomeno quotidiano. L’81% dei giovani sa cosa siano le fake news, ma quando si entra nel merito di fenomeni più sofisticati come deepfake, bolle informative o polarizzazione, la consapevolezza crolla.
Meno di un giovane su due (44%) pensa di sapere cosa siano i deepfake e solo il 37% di chi lo afferma ne ha davvero compreso il significato. Un dato che svela una sopravvalutazione delle proprie competenze digitali: molti credono di riconoscere un contenuto manipolato, ma spesso non è così. Il giudizio dei giovani sulla qualità dell’informazione in Italia è insufficiente: voto medio 5,6/10. Il 44% dei giovani e il 42% degli adulti parlano apertamente di “crisi dell’informazione”.
Le cause principali: pressioni politiche ed economiche (14%), fake news (11%) e sensazionalismo (11%). Per Fernando Vacarini, responsabile Media Relations del Gruppo Unipol, “viviamo in un’epoca di iperconnessione, dove la sfida non è accedere alle notizie, ma capire di chi fidarsi. I giovani ci ricordano che il vero tema non è la quantità di informazione, ma la capacità di riconoscerne l’affidabilità. Come Gruppo Unipol osserviamo da anni i comportamenti e le aspettative delle nuove generazioni. Ascoltarle, comprenderle e tradurre la loro visione in conoscenza condivisa è parte della nostra responsabilità sociale”.
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).