IL CNR partecipa allo studio sul ciclo della CO2

Aerial view of serene and picturesque waves crashing on the tranquil shore of a beautiful beach, Mirador de la Playa de Nogales, Santa Cruz de la Palma, Canary Islands, Spain.

TRIESTE (ITALPRESS) – Gli scambi di CO2 all’interfaccia tra oceano e atmosfera variano nel tempo e nello spazio; comprenderne la variabilità è fondamentale, poiché l’anidride carbonica svolge un ruolo chiave nella regolazione della temperatura globale del pianeta. È questo l’obiettivo della missione ATL2MED che grazie all’impiego di strumentazione scientifica all’avanguardia è riuscita a offrire osservazioni del flusso di CO2 in un’area ancora poco studiata, tra l’Atlantico orientale e il Mediterraneo occidentale.

I risultati principali di questo progetto, portato avanti tra il 2019 e il 2020, sono riassunti in un recente studio, pubblicato su Frontiers in Marine Science. La pubblicazione, dedicata ai processi fisici e biogeochimici, segue una ricerca del 2024 incentrata sul controllo e sul mantenimento di elevati standard di qualità dei dati, apparsa su Earth System Science Data. Entrambi gli studi sono stati guidati dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e hanno coinvolto istituzioni di tutta Europa. Per l’Italia hanno collaborato l’Istituto di Scienze Marine (CNR – ISMAR) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino (CNR – IAS) e il Dipartimento di scienze Ambientali, Informatiche e Statistiche dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

“Il successo sia tecnico che scientifico della missione, promossa e coordinata da ICOS, evidenzia anche il ruolo chiave delle infrastrutture di ricerca nel sviluppare e portare a compimento progetti collaborativi, innovativi e di ampio respiro”, sottolinea Carolina Cantoni, oceanografa chimica del CNR-ISMAR e co autrice dello studio.

In particolare, nel sud Adriatico, dove da oltre vent’anni più infrastrutture di ricerca operano in modo sinergico, sono stati utilizzati i dati della boa E2M3A che è parte dell’infrastruttura EMSO (European Multidisciplinary Seafloor and water-column Observatory), dei profilatori autonomi dell’infrastruttura Euro-Argo, e delle missioni condotte nell’area con veicoli autonomi sottomarini chiamati Ocean glider. Nel mar Ligure, invece, gli studi compiuti dalla missione dei Saildrone sono stati supportati dalle osservazioni della boa DYFAMED (OOV / OSU STAMAR) e della boa W1M3A (CNR-IAS) mentre nel nord Adriatico dal sistema osservativo congiunto dell’OGS e del CNR, che tramite le stazioni C1 e PALOMA, da anni studia l’ambiente marino del Golfo di Trieste.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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