Dal Crea la ricerca per la biodiversità

CREA Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

ROMA (ITALPRESS) – Dai cambiamenti climatici all’impatto ambientale delle attività umane fino al cibo sano e sicuro per tutti: la tutela e lo studio della biodiversità possono dare diverse risposte importanti. Si tratta di un patrimonio unico, fragile e irripetibile, da preservare e da studiare, perchè ha ancora molto da raccontare. In tal senso la ricerca del CREA, con i suoi differenti Centri multi ed interdisciplinari, “svolge un ruolo di primo piano e rappresenta un punto di riferimento nazionale per la difesa e la valorizzazione dell’agrobiodiversità”, si legge in una nota.
Risorse Genetiche Vegetali costituiscono la polizza assicurativa per fronteggiare le sfide future per il settore agroalimentare, primo fra tutti il cambiamento climatico. A tal fine, il CREA conserva nelle sue strutture importanti collezioni di germoplasma, preziose perchè costruite nel tempo, includendo anche specie selvatiche e varietà tradizionali locali. Si tratta di un importante strumento per il miglioramento genetico vegetale sia per il settore pubblico che privato: dall’ulivo (la più grande del mondo) alla vite ( tra le più significative a livello planetario, con circa 5600 accessioni di vitigni ad uva da vino, da tavola, ibridi di vecchia e nuova generazione, vitigni portinnesti, specie del genere Vitis e loro incroci, con particolare attenzione a vitigni minori ed autoctoni di varie zone d’Italia). Tra fruttiferi, agrumi e olivo vi sono circa 7000 accessioni (700 di agrumi), appartenenti a più di 100 specie. Nel caso del pesco, ad esempio, in collaborazione con altre istituzioni internazionali, sono state caratterizzate circa 1500 accessioni che hanno portato alla costituzione di una “core collection” condivisa a livello europeo, cioè un sottoinsieme di circa 200 varietà che racchiudono la diversità genetica, fenotipica e culturale presente nelle collezioni d’origine.
Sul fronte dei cereali, abbiamo oltre 11.000 linee tra frumento duro e tenero, mais, riso e cereali minori, mentre sono più di 200 le accessioni relative alla collezione di mutanti dello sviluppo di orzo creata da Michele Stanca: ognuna delle quali presenta una versione alternativa di specifici organi della pianta, uno strumento di studio rilevante, perchè consente di individuare i geni che controllano caratteri fondamentali per la produzione. Per quanto riguarda le colture industriali, vi sono circa 2700 linee (tra patata, canapa, fagiolo ecc), mentre ve ne sono quasi 800 per le ortive, raccolte tra Marche (circa 450) e Campania (310).
Il CREA, con il Centro di Ricerca di Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, coordina il Progetto RGV FAO, nato come risposta italiana all’implementazione del Trattato FAO sulle risorse fitogenetiche. Sono 10 i Centri CREA coinvolti ed impegnati nella conservazione, raccolta, catalogazione, valorizzazione e scambio delle risorse genetiche vegetali per l’agricoltura e l’alimentazione, che vengono poi geneticamente caratterizzati al fine di individuare geni utili per il miglioramento genetico o di rilevanza strategica per la specie, come la resistenza alle malattie e l’adattamento ai cambiamenti climatici, in un’ottica di sostenibilità e salvaguardia dell’ambiente.
Il Centro di Ricerca Zootecnia e Acquacoltura del CREA è dal 2017 responsabile del National Focal Point (NFP) italiano presso la FAO per le risorse genetiche animali. Una delle più importanti funzioni del NFP consiste nell’aggiornamento del sistema d’informazione sulla diversità animale (DAD-IS), sviluppato e gestito dalla FAO a livello globale. Inoltre, nelle proprie grandi aziende sperimentali di oltre 2.600 ettari in tutta Italia, sono mantenuti diversi nuclei di conservazione di razze autoctone di limitata diffusione, ovine (Altamurana, Gentile di Puglia, Leccese), caprine (Garganica, Rossa mediterranea, Jonica), bovine ed equine. In particolare, a Monterotondo (RM) il Centro mantiene il nucleo storico del Cavallo Lipizzano, unico allevamento statale italiano. In generale, le razze a limitata diffusione costituiscono una vera e propria riserva di variabilità genetica, capace di garantire sufficiente autonomia e flessibilità al sistema produttivo nazionale per il suo adattamento ai continui cambiamenti tecnici, economici e climatici.
Il CREA ha contribuito alle attività messe in cantiere negli ultimi anni finalizzate alla conoscenza e alla protezione della biodiversità ospitata dagli ecosistemi forestali. Diversi studi sui Lepidotteri notturni, per esempio, condotti in collaborazione anche con alcuni Parchi Nazionali, ci hanno permesso di stabilire quali siano le faune di molte tipologie forestali, alcune delle quali mai indagate in precedenza, come le 5 specie nuove per la scienza, che dimostrano quanto ancora ci sia da studiare per la conoscenza esaustiva della biodiversità ospitata dai nostri ecosistemi forestali. Gli studi sulla faunistica ci hanno permesso di costruire una banca dati che facilita l’interpretazione dei cambiamenti che dovessero occorrere nelle foreste come conseguenza di interventi selvicolturali, ma anche dei cambiamenti climatici. Uno studio sui castagneti ha messo in evidenza, ad esempio, che il ciclo di ceduazione previsto dalla normativa vigente è compatibile con la conservazione della biodiversità. Uno studio sulle faggete, invece, ci ha permesso di valutare quali siano gli effetti a breve termine degli eventi climatici estremi sulla biodiversità e di stimare quali potrebbero essere quelli a lungo termine. Recentemente, CREA Foreste e Legno è stato coinvolto nella creazione e nel coordinamento della rete di monitoraggio nazionale delle farfalle italiane (Butterfly Monitoring Scheme Italia, BMS Italia) che si integra nella rete europea di monitoraggio (eBMS) e che vuole fornire all’UE informazioni sui trend a lungo termine degli impollinatori in quanto fornitori di un servizio ecosistemico fondamentale.
I microrganismi del suolo possono rivelarsi utili indicatori per la salute dei suoli e degli ecosistemi, dal campo alla foresta al vigneto: dai funghi tellurici che hanno dimostrato nell’area pataticola della provincia di Bologna come la coltivazione intensiva in 40 anni abbia compromesso i suoli ai batteri che hanno reagito alla presenza del rame, evidenziandone la problematicità; dai microrganismi da cui si valutano pratiche colturali a quelli che quelli che rendono unico un calice dei vino. Gli studi CREA indicano che il microbioma del suolo si può potenziare con tecniche di agricoltura conservativa e piani di arricchimento in sostanza organica dei suoli.
La difesa della biodiversità deve essere anche economicamente sostenibile e concretamente attuata e a tal fine il Centro di Politiche e Bioeconomia del CREA, nell’ambito del programma Rete Rurale Nazionale, svolge attività specifica legata alla conservazione della biodiversità, supportando le autorità pubbliche e i principali portatori d’interesse nazionali delle politiche agricole, nell’uso efficace ed efficiente delle risorse UE dedicate. In questo contesto, si svolgono studi, analisi, ricerche e azioni di networking e valorizzazione di best practices rivolte ai temi della salvaguardia della biodiversità, sia naturale che strettamente di interesse agricolo, zootecnico e alimentare.
Il CREA è impegnato nella caratterizzazione nutrizionale ed organolettica di molti prodotti, in particolare locali. Variare le scelte alimentari può favorire la biodiversità in generale e il mantenimento di una buona salute.
(ITALPRESS).

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