Corte dei Conti presidio di democrazia, da 160 anni al servizio del Paese

TORINO (ITALPRESS) – “Una più attenta considerazione della politica verso le funzioni giurisdizionali esercitate dalla Corte dei conti”. E’ questo l’auspicio, o meglio l’allarme, che ha lanciato il procuratore generale della Corte dei conti, Angelo Canale, nel suo intervento in occasione del 160esimo anniversario dell’organismo cui compete “in buona sostanza – ha spiegato – il controllo per conto del cittadino contribuente, sull’utilizzazione dei beni e delle risorse appartenenti alla comunità”.
Istituita nel 1862, la Corte è tornata al suo luogo fondativo, Torino, per una due giorni di dibattito intenso, da un lato per fare un punto della situazione, ma anche interrogandosi sulla tenuta del proprio ruolo. Perché al di là degli elogi, “potremmo fare di più e fare meglio – ha chiarito ancora Canale – se con interventi isolati, decontestualizzati e disorganici non si fossero messi in discussione o addirittura limitati, com’è avvenuto, i poteri d’intervento delle procure contabili e non si fossero introdotte riduzioni o modifiche afferenti al perimetro della responsabilità amministrativa, sia sotto il profilo sostanziale che processuale”.
Parole cristalline, nonostante un lessico formalmente ineccepibile, che puntano il dito contro i legislatori. Tanto che Canale non si nasconde, e si interroga: c’è ancora bisogno di una tale giustizia, di un giudice speciale e specializzato nelle materie della contabilità pubblica, o si può pensare di condurre questa materia nell’alveo della giustizia ordinaria? Secondo Canale sì, perché “è un presidio di legalità e di democrazia che da 160 anni al servizio del Paese ha una missione fondamentale: garantire ai cittadini il corretto impiego delle risorse nazionali, delle risorse che appartengono a tutti noi”.
Anche perché è evidente come ciò non sempre avvenga. Gli sprechi di risorse pubbliche sono palesi e compongono un corposo capitolo, volenti o nolenti, delle cronache giudiziarie e della storia d’Italia. Tangentopoli fu la punta dell’iceberg, i recentissimi arresti legati alla gestione della sanità pubblica in Basilicata, sono invece l’ultimo capitolo di un dramma senza fine. Ecco perché è la stessa Corte dei conti a voler fare di più. “Oggi la Corte, più che censurare e sanzionare a posteriori le amministrazioni pubbliche, si deve porre nei confronti delle amministrazioni con uno spirito diverso” ha spiegato Tommaso Miele, presidente aggiunto della Corte dei conti. “Deve assisterle ed accompagnarle nello svolgimento delle funzioni ad esse intestate e nella gestione della spesa pubblica, aiutandole” ha aggiunto Miele. Una funzione cruciale anche nella gestione delle risorse del Pnrr, ma per riuscirci “occorre migliorare e semplificare la legislazione e, in particolare, il Codice degli appalti” spiega ancora il presidente aggiunto. E’ necessario quindi, secondo Miele, che “il Parlamento che si insedia proprio questa settimana e il nuovo governo intervengano in maniera decisa e radicale sulla qualità della regolazione e della normazione”. Tutto questo eviterebbe poi “il frequente contenzioso e i ricorsi al giudice amministrativo, e le possibili ipotesi di responsabilità per danno erariale, con la paura della firma, che assai spesso bloccano i cantieri”, ha proseguito, indicando responsabilità ben precise in tal senso.
“Le scelte fatte dal Governo Conte nel 2020 con il decreto semplificazione di limitare la responsabilità per danno erariale al solo dolo, eliminando la colpa grave, non aiutano certamente a superare la paura della firma. La ‘paura della firma’ esiste, è inutile negarlo” chiarisce Miele, indicano come soluzione un superamento di quel decreto con nuove regole chiare. Miele arriva infatti a definire l’articolo 21 del decreto semplificazioni 2020 “un vero e proprio vulnus nella sana e corretta gestione delle risorse pubbliche” perché “ai fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo nella colpa grave, non può non tenere nella dovuta considerazione la complessità e la farraginosità della normativa. Anche nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, da parte della Corte occorre grande equilibrio”.
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(ITALPRESS).

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