Calcio all'”Italiano” e il Bologna vince la Coppa tricolore

Attenti, la Coppa Italia vinta dal Bologna non è solo una chicca per bambini di fresca fede e bambinoni d’antica data, cinquantun anni – dicono – a cercar di rivivere il miracolo del ’74”: la Coppa sfilata ai palermitani di Viciani, di Arcoleo e Renzo Barbera, il grande presidente che mi volle bene – stavamo insieme l’estate a Pantelleria – perchè avevo scritto sul quotidiano bolognese che l’arbitro Gonella aveva dato una manina ai rossoblù. Tutta colpa dello sportivissimo Giacomino Bulgarelli che per primo parlò a fine partita di regalino.
Quella volta c’ero anch’io all’Olimpico con i due presidenti Conti e Barbera. La Coppa Tricolore, da molti schifata mentre Giampiero Boniperti mi mostrava orgoglioso – nel suo ufficio di piazza Crimea – la sfilata degli Otto trofei dorati accanto a due dozzine di Scudetti, non è solo una goduria bolognese ma l’emblema ufficiale di quello che da tempo io chiamo il Calcio all’Italiano, somma del mio difensivismo immarcescibile e della novità presentata quest’anno da Don Vincenzo dopo la fuga felice – per i rossoblù – del benefattore Thiago Motta.
L’arma non è l’autobus davanti alla porta del Barcellona escogitata da Mourinho, ma il frutto di un abbondante possesso palla non alla Tikitaka, ma trasformato in una forte e ben organizzata barriera mobile cui tutti partecipano: i cinque difensori – Holm e Calabria su tutti – i centrocampisti Freuler, Ferguson e Pobega – con gli attaccanti stabili Orsolini e Ndoye. Lo svizzero ha segnato il gol storico della vittoria immaginando che l’abbia dedicato a un signore svizzero caro ai tifosi petroniani, Louis Rauch fondatore del Bologna 1909. Nonostante i tafferugli in campo e le proteste del Milan per presunti e mai dimostrati “gravi falli di gioco” subiti dai rossoneri, la vittoria bolognese è meritatissima anche se in buona parte favorita dagli avversari in serata moscia: il meglio l’avevano dato a San Siro nella partita di campionato. E si è capito davvero, stavolta, quel che di solito è una banale scusa: quella volta i bolognesi avevano la testa a Roma. E’ rientrato Leao ma poteva anche star fuori: mistero rossonero.
Ha stupito la clamorosa spedizione romana di tifosi petroniani, trentamila bolognesi all’Olimpico: nel ’74 con me ce n’erano – fra diciottomila spettatori paganti – solo qualche centinaia, in larga maggioranza erano i palermitani, allora in B; ma non è tutta festa di gol per il ritorno al Paradiso o allo “squadrone che tremare il mondo fa”, no: è Bologna l’allegra saggia gaudente e colta che vuol tornare a sorridere dopo anni di noia spariti quelli di gioia. Sentimenti messi in musica – anche all’Olimpico – da Morandi e Cremonini. Per tornare a indossare, come canta Luca Carboni, “la maglia del Bologna sette giorni su sette”.
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).

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