Dialogo fra un ferrarista e un interista in una domenica di giugno. Son padre e figlio. Il padre ha appena spento la tv sulla faccia di Leclerc terzo e vede il figlio accasciato sulla poltrona alle sue spalle. “Brutto ritorno da Monaco?” comincia papà. “Brutta andata, inutile, dolorosa, meglio stare a casa…”. “Già. Perdere in casa davanti alla tv è un’altra cosa, io la Ferrari la vedo così da tanti anni…”. “Tu non capisci, una vergogna…”. “Ti abituerai…Io mi sono abituato…Un giornalista una volta scrisse ‘Ferrari rossa di vergognà e il Drake s’arrabbiò. Poi si è abituato anche lui”. Il figlio tace. Poi si scuote: “Hai ragione, pazienza. Non sono mica juventino, loro di finali ne hanno perse sette…”. Toh, una consolazione. E la vita continua.
Oggi succedono cose che sembrano sorprendenti novità. Oggi ci sono narratori la cui memoria può andare indietro al massimo una decina d’anni. E allora la sconfitta dell’Inter col PSG è una vergogna, un’infamia, un’umiliazione, la fine del mondo. Io che ero ad Atene il 25 maggio dell’83 quando la Juve perse con l’Amburgo con il mitico gol di Magath, condivisi il dramma degli sconfitti, più di ventimila tifosi in attesa di un volo che li riportasse in Italia, sembravano vittime di una guerra. Poi si sono abituati…
L’Inter è andata a Monaco con un altro spirito. Era la settima finale, tre vittorie e tre sconfitte, due consecutive made in Inzaghi. Nessun dramma. Come il 31 maggio del 1972 – ricordo bene perchè compivo gli anni, come ieri – quando la splendida Beneamata fu sconfitta dall’Ajax di Crujiff – astro nascente- e collaborò alla nascita di un fenomeno. Scrissi in estasi. Ieri dopo la partita mi hanno chiesto un editoriale. L’ho fatto in pochi minuti: “Pesante sconfitta dell’Inter nella finale di Champions con il PSG, 5 a 0. Partita senza storia. I francesi nettamente superiori. Amen”. Non l’ha pubblicato nessuno. Ho letto dappertutto solo lagrimose o insultanti note per una sconfitta…impossibile. Chi era quell’illuso che cantava “bisogna saper perdere”? Ah, sì, Shel Shapiro. Con Lucio Dalla. Favole.
Io, dopo il tre a zero, quasi in preda a un sonno pacificatore ho fatto un sogno. Ho visto uno di quegli svaccati tifosi francesi lanciare verso il campo una lattina di Cocacola diretta alla testa di Lautaro che crollava come morto, subito attorniato dai colleghi disperati mentre Barella recuperava la lattina e la consegnava all’avvocato Peppino Prisco…
Sì, mi venne in mente quella notte del 20 ottobre 1971 a Moenchengladbach quando il Borussia ne fece 7 e alla fine di tre partite fu sconfitto. Ma mi sono svegliato mentre Luis Enrique – indisponente – correva saltando e gridando come un Tardelli in miniatura. Ed è stato il peggior momento di una banale sconfitta.
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).