Binge drinking, quando l’alcol può uccidere

Gli addetti ai lavori lo chiamano “Binge drinking”, letteralmente “abbuffata di alcol”. I disturbi che può causare vanno dal vomito ai tremori fino a danni cerebrali e al coma etilico. Negli ultimi anni il fenomeno si è esteso ai più giovani, la fascia di età che va dagli 11 ai 17 anni: a cominciare da un eccessivo consumo di alcol o dall’assunzione di alcol in un breve arco di tempo fino ad ubriacarsi e a sentirsi male.

La maggior parte degli adolescenti – secondo quanto riportato da diversi studi – beve alcol moderatamente e sempre in compagnia, molti assaggiano bevande alcoliche per la prima volta in famiglia, in occasione di feste o ricorrenze. Il tutto per ‘sentirsi adulti’. L’unità alcologica è la quantità di alcool che ogni persona (in base a età, peso e altri parametri) può assumere.

“Se questa quantità viene bevuta in un breve lasso di tempo il corpo non riesce a metabolizzare il quantitativo ed entra in una crisi epatica, metabolica e neurologica – spiega il Direttore dell’Unità Operativa Complessa Dipendenze Patologiche dell’Asp di Ragusa, Giuseppe Mustile, intervistato dall’Italpress -. Siamo preoccupati dal fenomeno del Binge Drinking perché l’alcol quando assunto in quantità eccessive salta la barriera epatica, non viene più processato dal fegato e va direttamente nel sangue. Ed è una sostanza tossica”.

L’approccio precoce degli adolescenti alle bevande alcoliche può portare, nei casi più gravi, a una vera e propria dipendenza che comporta rischi per la salute e a lungo termine, danni all’organismo ancora in fase di maturazione. Il fegato di un adolescente non è ancora in grado di metabolizzare l’alcol in modo corretto e il suo sistema nervoso è più sensibile all’intossicazione acuta. L’alcol è inoltre potenzialmente cancerogeno e può creare un’elevata dipendenza ed esporre le persone che bevono a rischi, anche dopo un singolo episodio di consumo.

“Il coma etilico non è una passeggiata, poi dal punto di vista neurologico rischia di ‘allagare’ i neuroni”, aggiunge Mustile. Negli adolescenti la questione è ancor più delicata: “I giovani sono profondamente colpiti perché il cervello degli adolescenti non è pronto a sopportare il carico di un qualsiasi uso di sostanze. Più giovane è l’età, più potente è l’azione che ne consegue. Si dice che il cervello completa la sua maturazione a 21-22 anni”.

Qual è la consapevolezza nei giovani, sono sufficientemente informati dei rischi che corrono? “Tutti sono quasi abbastanza informati, ma c’è ancora un debito formativo perchè talvolta i ragazzi si auto-informano. Cosa dice l’esperto non ha lo stesso piglio di ciò che racconta il coetaneo – afferma Mustile -. Ma le esperienze non posso essere trasmesse, perché la ‘reazione’ cambia da soggetto a soggetto. C’è un difetto di controllo. Per esempio gli esercizi commerciali dovrebbero accertarsi della maggiore età dei clienti, cosa che accade raramente. Anche per quel che concerne la guida in stato di ebbrezza i  controlli sono calati: col covid non si può soffiare nell’etilometro e abbiamo avuto un calo del 70% dei nuovi segnalati. E il controllo, come noto, determina un cambio nei comportamenti. Questa cosa ci preoccupa”.

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