Asse ereditario: cos’è e cosa comprende

Asse ereditario

L’asse ereditario, o massa ereditaria, è il complesso dei beni, dei diritti e delle obbligazioni che appartengono alla persona defunta, e che ricadranno sulle spalle degli aventi diritto in sede di successione.

Naturalmente, non occorre essere degli esperti delle procedure di successione per poter comprendere che l’asse ereditario, e la sua corretta determinazione, ha fondamentale importanza, visto e considerato che i beni individuati costituiranno l’oggetto della divisione ereditaria.

Peraltro, sebbene in alcuni casi ricostruire l’asse ereditario sia molto semplice, in altri casi, soprattutto quando si sta fronteggiando un ingente patrimonio, può essere difficile individuare i vari beni, rendendo così necessarie delle ricerche più approfondite per poter ricondurre nel giusto recinto tutti i beni immobiliari e non immobiliari, di proprietà del de cuius.

Asse ereditario se manca il testamento

In caso di successione legittima, in assenza di testamento, l’asse ereditario dovrà essere diviso tra gli eredi legittimi in base alle quote previste dalla legge, e seguendo un preciso ordine che dipende dal grado di parentela degli stessi con il de cuius.

In sintesi, ad avere diritto all’eredità sono:

  • il coniuge
  • i figli
  • gli altri parenti fino al sesto grado di parentela.

Nell’ipotesi in cui sia presente un solo figlio, il figlio in questione erediterà la metà dei beni, mentre la restante metà andrà al coniuge. Se sono presenti più figli, allora al coniuge spetterà un terzo del patrimonio, mentre ai figli spetteranno i due terzi, da suddividersi in parti uguali. Nel caso in cui invece sia assente il coniuge, l’intero patrimonio sarà suddiviso in parti uguali tra i figli. Quindi, i fratelli del defunto e gli ascendenti possono entrare nell’eredità solamente se il defunto non aveva figli.

Asse ereditario e beni esclusi

Si tenga conto che non fanno parte dell’asse ereditario, e dunque non cadono in successione, alcuni beni come il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato e le assicurazioni sulla vita. Ma che fine fanno?

In sintesi, ex art. 2122 c.c., le indennità di preavviso e di fine rapporto, dovute dal datore di lavoro alla morte del dipendente, devono essere corrisposte al coniuge, ai figli e – qualora vivessero a carico del lavoratore – ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado.

Per quanto concerne l’assicurazione sulla vita, ai sensi dell’art. 1920 c.c., il beneficiario acquista per effetto della designazione un diritto proprio nei confronti dell’assicurazione. Pertanto, le somme corrisposte in seguito al decesso dell’assicurato non rientrano nell’asse ereditario non sono soggette a imposta di successione e non si computano per formare la quota degli eredi o per calcolare se vi sia o meno una lesione di legittima. Il beneficiario può dunque essere tenuto solamente a restituire ai legittimari, che risultassero lesi, l’ammontare dei premi che sono stati pagati dal testatore.

Peraltro, precisiamo come la designazione del soggetto beneficiario dell’assicurazione sulla vita possa essere effettuata dal contraente sia al momento della stipula della polizza, o con successiva dichiarazione scritta comunicata dallo stesso all’assicuratore, o ancora per testamento. Il contraente in qualsiasi momento può modificare il beneficiario con successiva annotazione nella polizza approvata dall’assicuratore o con un testamento, semplicemente sostituendo così le altre persone già presenti, con quelle nuove designate con beneficiario.

Per poterne sapere di più consigliamo tutti coloro che fossero interessati a prendere contatti con un legale esperto nelle discipline testamentarie e successorie, al fine di poter sottoporre un eventuale caso concreto in una materia che, come abbiamo avuto modo di riassumere poche righe fa, è effettivamente densa di complessità e di sfaccettature che la rendono poco incline a prestarsi a generalizzazioni e a trattazioni troppo omogenee dell’argomento in questione.