ABETE “IO IL ‘VECCHIO’? DECIDERANNO ELETTORI”

Quattro anni dopo potrebbe essere ancora lui a guidare il calcio italiano, con buona pace di chi non lo ritiene l’uomo del cambiamento. Giancarlo Abete va avanti per la sua strada dopo che Lega Pro, Lega Dilettanti, Assocalciatori e Aia hanno deposto l’ascia di guerra, convergendo sul suo nome per mettere fine al commissariamento della Figc. Dimessosi nell’estate 2014 dopo il flop mondiale in Sudafrica, il 67enne dirigente romano ha risposto presente. “Mi è stato chiesto di dare una disponibilità avendo queste 4 componenti la volontà di tornare a una ‘normalità’ democratica della vita della Federazione – racconta Abete ai microfoni de ‘La Politica nel Pallone’ su Gr Parlamento – Attendiamo ora la convocazione dell’assemblea, dopo inizierà l’iter legato alle candidature. Potrebbe tenersi ai primi di agosto, del resto quando mi dimisi, nel 2014, l’assemblea indetta per le elezioni del mio successore ci fu l’11 agosto”. Pronto a dialogare con la serie A per portarla dalla sua parte (“ma è presto per dirlo anche perchè la Lega di A ha costituito e ricostituito i suoi organi direttivi da pochi giorni e oggi la sua priorità assoluta è la definizione del contratto dei diritti televisivi”), l’ex presidente federale sa bene cosa lo attenderebbe in caso di elezione. “Alcuni problemi del calcio sono strutturali e dopo 4 anni alcuni continuano a emergere – la sua analisi – Dopo 60 anni la Nazionale non si è qualificata per il Mondiale e siamo 20esimi nel ranking Uefa, è migliorata la situazione delle nazionali giovanili ma l’Under 21 non ha ottimizzato le sue potenzialità in questo periodo. L’ambiente, poi, è stato molto rissoso, c’è stata una fibrillazione eccessiva sul versante dirigenziale: tre assemblee elettive, un commissario, tutte le leghe commissariate”. Per Abete “si possono avere e si hanno interessi diversi ma nel contempo bisogna cercare di lavorare il più possibile uniti”. L’ex numero uno di via Allegri si propone come pacificatore anche se i detrattori non mancano. “Chi dice che rappresento il vecchio fa una constatazione legittima. Sono stato presidente della Figc dal 2007 al 2014 ma c’è poi chi decide che sia così, che sono gli elettori. Non ho mai portato avanti una logica di elite ma di consenso dal basso e me ne vanto. Altri hanno una cultura elitaria, sono abituati a fare le nomine, c’è chi vorrebbe farsi le formazioni a tavolino ma la formazione della Figc la decidono gli elettori”. Abete ricorda che dalle sue dimissioni “si sono candidati alle elezioni federali Albertini, Abodi, Gravina, Sibilia, una pluralità di personalità di qualità del mondo del calcio ma chi decide è il voto dal basso, a scrutinio segreto e gli elettori voteranno secondo coscienza, a seconda dei candidati che si presenteranno. La logica delle elite non funziona più, non basta pensare di avere una marcia in più per avere una legittimazione. La legittimazione arriva dal basso. Chi ha la volontà di diventare il presidente della Figc deve confrontarsi con l’elettorato per testimoniare di avere un maggior consenso rispetto ad altre persone”. Nessun messaggio diretto a Malagò. “Ci conosciamo da tantissimi anni, c’è rispetto, non ho motivi di ostilità”, assicura Abete, ricordando però allo stesso tempo che se la Figc da un lato non può reclamare “nessuna posizione di privilegio”, dall’altro merita “il prestigio e il rispetto che si deve una Federazione grande che ha il 20-25% dei tesserati italiani”. Favorevole alla Var (“la sua attivazione è in linea con la tradizione della Figc, io sono stato il primo a introdurre gli arbitri di porta nel campionato italiano”), Abete individua negli stadi uno dei primi problemi da risolvere (“le infrastrutture sono il nostro tallone d’Achille e la normativa ha aiutato poco a realizzare nuovi impianti”) mentre sull’arrivo di proprietà straniere nel nostro calcio ammette che è “un processo irreversibile ma poi va fatta una verifica sul campo di quelli che danno un valore aggiunto al calcio italiano”. Sulla questione dei diritti tv, non c’è dubbio che quelli italiani “valgono più di quelli francesi: il nostro campionato è più importante, lo dimostrano la presenza negli stadi e il numero di squadre qualificate in Champions”. Infine la Nazionale, affidata a Mancini. “Ha iniziato adesso questo suo percorso, è giusto quando dice che bisogna avere dei confronti duri, difficili con squadre che ci sono superiori, si cresce nei confronti con avversari significativi come la Francia. La fascia di capitano a Balotelli? La fascia viene assegnata dal ct per cui nel momento in Mancini ritenesse di assegnarla a Balotelli, avrebbe le sue buone ragioni ed eserciterebbe un suo diritto. Tutti coloro i quali sono convocati o convocabili hanno la legittimazione a rappresentare l’Italia ai massimi livelli, non ci sono convocati di livelli diversi”.
(ITALPRESS).

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