ROMA (ITALPRESS) – Gli attuali impianti di trattamento dei rifiuti urbani sono numericamente insufficienti e mal dislocati sul territorio, costringendo il nostro Paese a continui viaggi dei rifiuti tra le regioni, e talvolta anche all’estero, e a ricorrere in maniera ancora eccessiva allo smaltimento in discarica. Negli ultimi anni, anche grazie alla spinta del PNRR, si sta assistendo ad un’inversione di tendenza soprattutto sul fronte degli impianti di digestione anaerobica per il trattamento dei rifiuti organici; ma serve un’ulteriore accelerata senza la quale sarà impossibile raggiungere i target Ue al 2035 che prevedono, sul totale dei rifiuti raccolti, il raggiungimento del 65% di riciclaggio effettivo e un utilizzo della discarica per una quota non superiore al 10%: al momento siamo ad un riciclaggio effettivo pari al 50,8% e ad un ricorso allo smaltimento in discarica pari al 16%. È quanto emerge dallo studio “Rifiuti urbani, fabbisogni impiantistici attuali e al 2035”, realizzato da Utilitalia e giunto alla sesta edizione. Lo studio si basa sui dati forniti dal Rapporto 2024 di ISPRA che si riferisce ai dati del 2023.
Nel 2023 in Italia sono state prodotte 29,051 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, un dato in aumento dello 0,7% rispetto all’anno precedente: a livello pro-capite parliamo di una media di 496,2 kg/abitante l’anno, con il Sud peninsulare che ha registrato la quota minima di 448,2 kg/abitante l’anno e il Centro quella massima (530,9 kg). Circa 3,8 milioni di tonnellate di rifiuti sono state trattate in regioni diverse da quelle di produzione; il flusso ha viaggiato principalmente dal Centro-Sud verso il Nord. Il Nord ha importato circa 2,3 milioni di tonnellate dalle aree del Centro-Sud e già oggi, grazie ai propri impianti, riesce quasi a conseguire i target di conferimento in discarica (12,5%) e di riciclaggio (52,7%) previsti dall’Ue per il 2035 (già ampiamente superato in quelle regioni come Lombardia e Emilia-Romagna che, oltre a vantare risultati molto positivi nel riciclo, hanno dotazioni adeguate di impianti di termovalorizzazione).
Il Centro, il Sud peninsulare e la Sicilia, al contrario, dato il basso ricorso al recupero energetico, mostrano performance ancora piuttosto lontane dagli obiettivi. Il Centro è stato costretto a esportare il 16% (1 milione di tonnellate) della propria produzione di rifiuti, nonostante avvii già in discarica una percentuale estremamente elevata, pari al 30%, ma non in grado di garantire tutta la richiesta. Il Sud ha invece esportato 1,64 milioni di tonnellate, che corrispondono al 27% della propria produzione di rifiuti ma solo per la disponibilità elevata di discarica, ora utilizzata per un’alta percentuale, pari al 31,5%. Con particolare riferimento ai rifiuti organici, nel 2023 sono state raccolte in modo differenziato circa 7,25 milioni di tonnellate, che rappresentano il 38,3% delle raccolte differenziate. Di queste, un quinto – 1,4 milioni di tonnellate – sono state trattate in impianti di regioni diverse da quelle di produzione: la stragrande maggioranza (1,2 milioni di tonnellate) ha viaggiato dal Centro e dal Sud peninsulare verso gli impianti del Nord, mentre le restanti quantità (200 mila tonnellate) sono migrate all’interno delle stesse macroaree.
“Una corretta raccolta differenziata a monte – spiega Luca Dal Fabbro, presidente di Utilitalia – deve essere sostenuta da un adeguato numero di impianti di riciclo e di recupero energetico a valle, indispensabili per promuovere una gestione dei rifiuti in linea con gli obiettivi dell’economia circolare. Non è un caso che i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata siano proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impianti”.
Considerando la capacità attualmente installata, se si vogliono centrare gli obiettivi europei e annullare l’export di rifiuti tra le aree del Paese, dovranno essere realizzati diversi impianti per trattare i rifiuti urbani. Per quanto riguarda i rifiuti organici, grazie anche alla spinta del PNRR, la situazione è decisamente migliorata rispetto al recente passato: nel prossimo triennio dovrebbero entrare in funzione o essere potenziati ulteriori 22 impianti di trattamento della frazione organica.
“Anche se il nostro Paese non ha mai sofferto di un gap impiantistico complessivo per l’organico – evidenzia Dal Fabbro – per anni ci sono stati territori in ritardo soprattutto al Centro-Sud. Ora assistiamo a una decisa inversione di tendenza anche all’azione di sensibilizzazione di Utilitalia, che è stata costante nell’evidenziare la necessità di chiudere il ciclo a livello regionale per limitare i viaggi dei rifiuti lungo la Penisola. Al contrario molto resta da fare per quanto riguarda il recupero energetico dei rifiuti non riciclabili, fermo restando l’importanza dei percorsi intrapresi in Sicilia e per Roma Città Capitale”.
Sul fronte del recupero energetico dei rifiuti non riciclabili, infatti, per centrare gli obiettivi Ue l’Italia dovrà incrementare la propria capacità impiantistica per circa 2,4 milioni di tonnellate: un fabbisogno che potrebbe essere dimezzato dopo la realizzazione del termovalorizzatore di Roma e dei due previsti in Sicilia.
In particolare, una volta entrato in funzione il termovalorizzatore di Roma risolverà la gestione dei rifiuti non riciclabili e degli scarti delle raccolte differenziate dell’area di Roma capitale, avvicinerà il Lazio all’autosufficienza nella gestione dei rifiuti non riciclabili e dimezzerà il fabbisogno impiantistico di recupero energetico del Centro Italia: si conteranno 24.000 viaggi in meno di camion per il trasporto dei rifiuti verso gli impianti del Nord e all’estero, con un risparmio di 8.000 tonnellate di CO2 equivalente e il soddisfacimento del fabbisogno energetico di 200.000 famiglie.
La carenza e la cattiva dislocazione degli impianti è la prima causa dei viaggi dei rifiuti lungo la Penisola, con importanti costi in termini economici e ambientali. Per trasportare i 3,15 milioni di tonnellate di rifiuti trattati in regioni diverse da quelle di produzione, nel 2022 sono stati necessari 140mila viaggi di camion, pari a 76 milioni di chilometri percorsi: ciò ha comportato l’emissione aggiuntiva di oltre 50.000 tonnellate di CO2 e 75 milioni di euro in più sulla Tari (il 90% dei quali a carico delle regioni del Centro-Sud).
Solo nel 2022, oltretutto, l’Italia ha pagato circa 50 milioni di euro per multe dall’Ue per le inadempienze che sono state contestate sulla gestione dei rifiuti. Le discariche sono il sistema di trattamento dei rifiuti con il maggiore impatto ambientale, soprattutto per le emissioni di gas serra. Tuttavia, gli ultimi dati mostrano che sono state ancora smaltite in discarica 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani; 720.000 di questi sono stati smaltiti, dopo trattamento in impianti TMB, in Regioni diverse da quelle di produzione. La vita residua delle discariche attive è in esaurimento: per il Nord si prospettano ancora 4/5 anni; per il Centro 3/4 anni; per il Sud peninsulare 6/7; per la Sardegna 5/6 anni e per la Sicilia circa 1 anno.
Al momento l’Italia avvia a discarica una media del 18% dei rifiuti urbani, mentre l’Unione Europea ha stabilito di scendere al di sotto del 10% entro il 2035. A questo ritmo di conferimento saremo obbligati a scegliere se costruire, auspicabilmente, nuovi impianti o continuare a portare i rifiuti in discarica, sottoponendo il nostro Paese a nuove procedure di infrazione.
-Foto IPA Agency-
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