“Regioni al voto: scenari e prospettive politiche”, per gli italiani l’esito delle Regionali non stravolgerà l’establishment

ROMA (ITALPRESS) – Elezioni a “spezzatino” con le regionali 2025, per cui ci si aspetta elettori demotivati e risultati che poco impatteranno sull’attuale Governo. È questa la proiezione che è emersa durante l’evento “Regioni al voto: scenari e prospettive politiche” organizzato da Core, Youtrend e Italpress. Chi andrà a votare durante le elezioni regionali ha già chiaro che l’esito non stravolgerà l’establishment istituzionale e che ci sarà poco da sorprendersi alla fine di questa tornata elettorale. “Dal punto di vista della stabilità di Governo la partita si giocherà probabilmente più avanti: il 52% degli italiani crede infatti che le regionali non avranno un impatto significativo sulla stabilità del governo, mentre solo il 27% sostiene che il governo ne uscirà rafforzato o indebolito in base all’esito delle regionali’, ha spiegato durante l’evento Giovanni Forti, analista Youtrend, mostrando l’analisi “Amministrative 2025: scenario”, realizzata da Youtrend per Skytg24.

Sette sono le regioni coinvolte per le elezioni Regionali 2025 (Valle D’Aosta, Marche, Calabria, Toscana, Puglia, Campania e Veneto), ma solo un territorio rappresenta davvero l’ago della bilancia in questo appuntamento elettorale. “Lo scenario più probabile è quello di un mantenimento della situazione attuale” – prosegue Forti –“Con le Marche considerate la regione più in bilico”. Nonostante la sua storia di centrosinistra, infatti, la regione non è più percepita come roccaforte “rossa”, così come si potrebbe dire dell’Emilia- Romagna, e oggi è diventata politicamente più simile all’Abruzzo. “Se guardiamo al passato, però, l’esempio dell’Umbria, altra ex regione rossa passata al centrodestra nel 2019 e tornata al centrosinistra nel 2024, lascia aperto lo scenario sulle Marche”. La Regione Marche rappresenterà probabilmente l’ago della bilancia nella tornata autunnale delle regionali. “Il 39% degli elettori non sa prevedere chi vincerà le elezioni, mentre il 36% pronostica la vittoria di Acquaroli e il 25% quella di Ricci”, conclude Forti.

Unica nota sfidante in un panorama politico in cui gli italiani hanno aspettative piuttosto consolidate, soprattutto con la Calabria e la Campania che vedono le altre sfide più aperte. L’evento “Regioni al voto | Scenari e prospettive politiche”, organizzato da Core, Youtrend e Italpress è stato pensato come un focus per comprendere meglio quali siano le priorità politiche che i prossimi candidati sottoporranno agli elettori, da dove partire per la valorizzazione dei territori, dove intervenire per risollevare le sorti del Paese a cominciare dalla governance regionale. Nello specifico, gli italiani si aspettano che il centrosinistra vinca in 3 delle 7 regioni al voto. Il centrosinistra esprimerebbe il presidente in Toscana, Campania e Puglia, mentre in Calabria e Veneto è molto probabile vinca il centrodestra.

A trainare questi pronostici sono stati gli ospiti dell’evento: Gianluca Cantalamessa (Lega), Dario Damiani (FI), Nicola Irto (Pd) e Giulia Pastorella (Azione). Al centro del dibattito non solo il binomio centrodestra-centrosinistra, ma anche il bisogno di ripensare all’offerta politica superando le ingessature partitiche.

Per Cantalamessa (Lega) per esempio, il fattore premiante della coalizione di centrodestra è che “vanta un’unità di obiettivi e valori che si è rivelata vincente dal 92′ a oggi” che comunque ha permesso la sua evoluzione nel tempo, resistendo a epoche e trasformazioni. “Quando scelsi di fondare la Lega a Napoli, nel 2014, non era un bel periodo. Eppure sono stato tra i primi 10 partiti più votati in tutta la città: anche se nel ’95 ero contrario alla Lega Nord, ho fondato il partito a Napoli per una riflessione condivisa, ho ritenuto con la globalizzazione che tutte le identità nelle loro differenze dovessero allearsi contro un progetto globalista che voleva cancellarle”. Indipendentemente dalla coalizione, il fulcro di queste elezioni rimane la stabilità di Governo.

“Mi auguro che dopo queste elezioni si possa arrivare a un’effettiva democrazia dell’alternanza, dove chi governa si passi il testimone” – ha confidato il Sen. Damiani (FI), riallacciandosi alla solidità che il centrodestra ha trasmesso nella sua storia elettorale – “Il centrodestra è da tempo percepito come una coalizione unita, al netto delle fibrillazioni. Questo perché il centrodestra degli ultimi 30 anni pur vivendo momenti diversi, in cui guidava la coalizione di Forza Italia, nella parentesi Lega con i suoi momenti forti, è sopravvissuta fino a oggi, in cui FdI risulta primo partito. Quindi è intrinseco del centrodestra che ci sia un dibattito interno, ciclico, che nell’immaginario della gente non fa comunque la differenza perché si sa già che non andrà mai diviso alle elezioni“. Diverso però è il discorso in quei territori che non sono tradizionalmente di destra. “Ci sono regioni che per noi sono roccaforti rosse da sempre, come l’Emilia-Romagna, la Toscana, ma ce ne sono altre, come la Puglia, che magari hanno un discorso territoriale molto di centrosinistra, ma poi alle elezioni politiche alla Camera vediamo trionfare la coalizione di centrodestra”, ha concluso Damiani.

Se il centrodestra sopravvive con la coalizione, per il centrosinistra è tempo di ripensare al ruolo che ha sui territori e a come la politica debba riconsiderare l’importanza delle Regioni. “Credo che vedere regioni diverse che votano in momenti diversi, le cosiddette ‘elezioni a spezzatino’, sia la dimostrazione di un paese che sta andando nella direzione opposta a quella che vorrebbero gli elettori”, è intervenuto Irto (Pd) – “Per quanto riguarda il dato politico del centrosinistra, c’è da dire che nonostante la retorica sull’unità in Campania, il centrodestra ancora non ha scelto i suoi candidati, così come in Veneto e in Puglia. Se dovessi parlare per la mia parte politica, potrei dire che la sfida che attende il centrosinistra a queste regionali è che nonostante il centrosinistra sulle questioni territoriali sia molto diviso, abbia individuato i suoi candidati. Sicuramente la politica dovrebbe riniziare da queste elezioni ripensando al ruolo delle Regioni”.

I dati sull’affluenza, bassi, invogliano a ragionare sul fatto che gli elettori siano stanchi e demotivati dal continuo ritorno alle urne. C’è bisogno di un cambiamento che, secondo Pastorella (Azione), giace nella coerenza e nelle nuove proposte. “Di queste regionali agli elettori credo importi davvero poco, comprese quelli che li riguardano in prima persona. Il tema vero da affrontare è cosa ci raccontano davvero queste regionali?”, ha spiegato Pastorella. Molto ci dice per esempio la scelta dei candidati del centrosinistra. “Il Pd per esempio si può dire che in Toscana si sia inchinato ai diktat del M5s. Sono convinta che queste regionali decreteranno che fine farà il campo largo nel 2027”, incalzando – “È molto più semplice per il centrodestra affondare le radici nella propria storia che ammettere che in 30 anni siano stati sempre gli stessi 3 partiti. La vera assenza in questa tornata elettorale è che non ci sia stato spazio per un’ala liberale e riformista”. Di fronte alla scelta di non allearsi, Pastorella ha spiegato infatti che “il campo largo non riflette l’offerta che si aspetta l’elettore di Azione. Questa scelta pagherà nel 2026: il nostro elettore ha capito che stiamo lavorando a un’alternativa terzopolista e fuori dalle logiche ingessate del passato”.

Per Pierangelo Fabiano, CEO di Core, ha spiegato che “La comunicazione gioca un ruolo determinante nella costruzione delle identità e delle alleanze, noi di Core riteniamo perciò fondamentale offrire strumenti interpretativi che aiutino a comprendere il presente e ad anticipare i possibili scenari futuri. È questo il contributo che vogliamo portare al dibattito pubblico, alle comunità istituzionali ed economiche che osservano con attenzione l’evolversi del quadro politico del Paese”.

Per Lorenzo Pregliasco, direttore di Youtrend: “Quest’anno non è stato previsto un election day per le regionali: le elezioni si terranno quindi in date diverse, distribuite tra settembre, ottobre e novembre. Questo calendario, di per sé, rende più difficile percepirle come un appuntamento unitario e nazionale. Con questo evento vogliamo fare il punto, offrendo un quadro complessivo che aiuti a leggere le dinamiche dietro queste elezioni frammentate”.

– foto ufficio stampa CORE –

(ITALPRESS).

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