di Raffaele Bonanni
ROMA (ITALPRESS) – Al congresso della Cisl appena concluso, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto qualcosa di significativo, ha raccolto una proposta concreta e ha rilanciato. Nel suo intervento, ha dato seguito alla sollecitazione della segretaria della Cisl Daniela Fumarola, accogliendo l’idea di un “patto di responsabilità” tra governo e parti sociali. Un’intesa che punti a costruire percorsi virtuosi per affrontare le grandi sfide del nostro tempo: dalla geopolitica incerta, all’economia globale in fibrillazione, fino al bisogno ormai urgente di un nuovo modello di welfare, equo, sostenibile, responsabile. È la consapevolezza – forse tardiva, ma necessaria – che settori cruciali per il nostro futuro, come l’istruzione, l’energia, la fiscalità, le infrastrutture materiali e immateriali, la gestione della salute, devono tornare ad essere efficienti e coerenti con le trasformazioni in atto. L’Italia, se vuole contare qualcosa nel mondo che corre verso l’intelligenza artificiale, la transizione verde e la rivoluzione digitale, ha bisogno di rafforzare i propri assi di sviluppo. E ha bisogno di farlo con pragmatismo, coraggio e visione, con la collaborazione di tutti. Tuttavia, non tutti sembrano disposti a raccogliere il guanto. Maurizio Landini, leader della Cgil, presente anche lui alla stessa assise, ha ribadito con ostinazione la linea della non collaborazione con il governo.
Una opposizione che rischia di diventare una caricatura ideologica: un no a prescindere, una chiusura eretta a bandiera, che non aiuta i lavoratori e indebolisce il ruolo stesso del sindacato. Dopo la fine del ciclo dei governi Conte, la Cgil ha progressivamente scelto di essere parte dell’opposizione politica più che sociale, trasformando le piazze in teatri di dissenso, ma smettendo di incidere davvero sul cambiamento. Diverso l’atteggiamento della Uil di Pierpaolo Bombardieri, che ha mostrato maggiore disponibilità al confronto. E questa apertura, se coltivata, potrebbe rimettere in moto un gioco diverso. Potrebbe ridare senso a quella parola dimenticata che è “concertazione”, oggi forse da reinventare, ma mai così necessaria. In fondo, anche il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha più volte lanciato segnali chiari in direzione di un patto per il lavoro, per le imprese, per la produttività, chiamando le parti sociali a un salto di qualità. Non sarebbe la prima volta. In momenti cruciali della nostra storia – si pensi agli anni Ottanta, al patto Ciampi-Prodi, al protocollo del 1993 – le forze sociali, quando hanno messo da parte ribellismi velleitari e politicizzazioni tossiche, hanno saputo offrire al Paese soluzioni intelligenti. Hanno sostenuto la tenuta economica, migliorato le condizioni dei lavoratori, favorito la competitività delle imprese. Hanno mostrato che il sindacato può essere molto più utile nei tavoli che nelle barricate.
È da lì che si deve ripartire. Il rilancio delle relazioni industriali avanzate non è un esercizio accademico o un lusso per tempi di pace. È una necessità strutturale. Darebbe voce e ruolo alle organizzazioni responsabili, spingerebbe le classi dirigenti a uscire dal torpore, e riporterebbe la questione lavoro al centro della scena, non come problema ma come risorsa strategica. Perché oggi, di fronte a un mondo che cambia a velocità supersonica, l’unico vero radicalismo utile è quello del buon senso. E della responsabilità condivisa.
– Foto ufficio stampa Cisl –
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