Con Trump l’America gioca per sé, ora l’Ue sia compatta e autonoma

di Raffaele Bonanni

ROMA (ITALPRESS) – È tutto chiarissimo: con Trump al timone, l’America gioca solo per sé. Addio alleanze, addio soft power. Le crisi? Si affrontano a colpi di tornaconto nazionale. È la legge di Brenno, versione XXI secolo. Altro che leadership dell’Occidente: oggi gli Stati Uniti sembrano più interessati a dividersi il mondo con Cina e Russia che a guidarlo. E se domani le tre superpotenze decidessero di marciare compatte per difendere solo i loro interessi – energia, terre rare, rotte strategiche, finanza, trasporti – l’impatto sull’Italia sarebbe devastante. Un asse a tre, già oggi latente, spezzerà per sempre quel poco di equilibrio multilaterale su cui si reggeva la globalizzazione. E l’Italia, priva di materie prime e senza muscoli geopolitici, rischia di restare senza protezioni, esposta e sola.

Primo fronte: l’energia. La transizione verde in Italia poggia su forniture esterne: gas, litio, cobalto, terre rare. Basta un blocco, una restrizione, una scelta di razionamento da parte delle grandi potenze e per noi si spegne la luce. Le imprese, già stressate, salterebbero. Il crollo della competitività metterebbe in ginocchio l’occupazione in settori nevralgici: auto, elettromeccanica, chimica, green tech. Secondo fronte: la logistica. I porti italiani, tanto celebrati per il loro valore strategico, rischiano di diventare stazioni periferiche. Se le superpotenze ridisegnano le rotte commerciali, saltandoci a piè pari, i grandi player del trasporto si spostano. E con loro, migliaia di posti di lavoro in portualità, interporti, trasporto merci. Terzo colpo: la tecnologia. La nostra manifattura, fiore all’occhiello del Paese, dipende da software, brevetti, macchinari prodotti all’estero. Un embargo tecnologico selettivo, orchestrato dai grandi, ci colpirebbe al cuore: da motore industriale a subfornitura irrilevante, nel giro di poco.

Ultimo scossone: la finanza. Se si affermano nuove valute e circuiti alternativi al dollaro e all’euro, promossi dai giganti del mondo, l’Italia si ritrova ai margini del sistema. Il nostro debito pubblico, già pesante, diventerebbe un fardello insostenibile. E il credit crunch si abbatterebbe sul lavoro, sulle imprese, sui risparmi.

Che fare, allora? Non bastano i proclami sulla sovranità o i cori sulla reindustrializzazione. Serve un’Europa vera: compatta, autonoma, con una politica industriale integrata, capace di blindare le sue filiere e proteggere il lavoro. L’Italia non può restare ostaggio degli umori delle superpotenze. O si riprende il controllo del proprio destino, oppure si rassegni a un secolo da comparsa. E’ tempo della maturità. Non c’è più spazio per spesa che non produce ricchezza, per diritti senza doveri, per un futuro non preceduto da scelte razionali.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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