Donne di conforto, guerre commerciali e movimenti di boicottaggio: la memoria storica che pesa sull’economia

Donne di conforto, guerre commerciali e movimenti di boicottaggio: la memoria storica che pesa sull';economia

La questione delle donne di conforto è una delle più controverse e persistenti ferite nella memoria storica dell’Asia orientale. Il termine si riferisce generalmente alle donne che lavorarono nei bordelli militari giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. La narrativa dominante le descrive come vittime di costrizione o tratta, ma storici come Park Yu-Ha e Lee Young-hoon hanno evidenziato che il fenomeno fu più complesso: alcune donne furono effettivamente vittime di coercizione, altre invece provenivano dal mondo della prostituzione ed entrarono nei bordelli per motivi economici. Questa ambiguità storica ha alimentato discussioni accese, influenzando anche le relazioni internazionali.

Memoria e rancori: la lunga ombra delle donne di conforto

Nonostante un accordo siglato nel 2015 tra Tokyo e Seul per “risolvere definitivamente” la questione delle comfort women, con scuse ufficiali e un fondo di 8,3 milioni di dollari a favore delle sopravvissute, il tema è stato riaperto più volte da esponenti politici e attivisti sudcoreani. Il governo giapponese ha accusato più volte la Corea del Sud di violare lo spirito dell’accordo, specialmente quando nel 2020 è stata eretta a Seul una nuova statua commemorativa delle donne di conforto nei pressi di un consolato giapponese, generando proteste diplomatiche e pubbliche da parte del Giappone.

Park Yu-Ha, autrice del controverso libro Comfort Women of the Empire, ha proposto una visione più sfumata del fenomeno. Pur riconoscendo le sofferenze di molte donne, sottolinea come alcune di esse abbiano instaurato legami affettivi con i soldati giapponesi o ricevuto compensi regolari. Le sue tesi le sono costate critiche feroci e perfino un processo, ma hanno anche aperto un dibattito importante sul ruolo della memoria collettiva e sull’uso politico della storia.

Donne di conforto e boicottaggi: la nascita del movimento NO Japan

Nel 2019, una sentenza della Corte Suprema sudcoreana ha ordinato a diverse aziende giapponesi di risarcire ex lavoratori forzati del periodo coloniale. Il Giappone ha reagito imponendo restrizioni all’esportazione di materiali tecnologici fondamentali per l’industria sudcoreana, come i semiconduttori. La Corea del Sud ha risposto con un boicottaggio popolare senza precedenti: supermercati e consumatori hanno smesso di acquistare prodotti giapponesi, dal cibo alle automobili, mentre numerosi viaggiatori hanno cancellato le proprie vacanze in Giappone. Nasce così il movimento NO Japan, spinto anche dal risentimento storico legato al colonialismo e alla questione delle donne di conforto.

Secondo i dati riportati dall’East Asia Institute di Seul, il boicottaggio ha avuto una base fortemente generazionale: è stato soprattutto tra i giovani sudcoreani, attivi sui social media e sensibili alle questioni storiche, che il movimento ha trovato più forza.

La guerra commerciale del 2019: economia e politica in conflitto

La crisi diplomatica si è rapidamente trasformata in una guerra commerciale. Il governo giapponese ha rimosso la Corea del Sud dalla lista dei partner commerciali preferenziali, complicando ulteriormente le esportazioni. Seul ha risposto a sua volta con misure simili e con l’annuncio di una revisione dell’accordo di condivisione d’informazioni militari (GSOMIA).

La tensione tra i due Paesi ha messo a rischio la cooperazione tecnologica e militare, colpendo settori strategici come l’elettronica e la sicurezza. Molti analisti hanno sottolineato come la disputa economica fosse solo la manifestazione più evidente di un rancore storico mai risolto.

La strumentalizzazione delle statue della memoria

Le statue delle donne di conforto, presenti non solo in Corea ma anche all’estero (come in Germania e negli Stati Uniti), sono diventate terreno di scontro diplomatico. Il Giappone le considera una forma di propaganda anti-nipponica, mentre per la Corea del Sud sono espressioni legittime di memoria storica. La tensione attorno a queste statue ha raggiunto livelli tali da coinvolgere ambasciatori e causare richiami ufficiali.

Anche questo rientra in un quadro più ampio di uso strumentale della storia per fini politici. Il libro Anti-Japanese Tribalism di Lee Young-hoon, pubblicato nel 2019, sostiene che una parte dell’establishment politico sudcoreano abbia fatto del risentimento antigiapponese una piattaforma ideologica e culturale, con effetti dannosi sulle relazioni bilaterali e sull’economia.

Conclusione: quando la storia pesa sul presente

Il caso delle donne di conforto dimostra come il passato possa influenzare profondamente il presente, anche in ambiti apparentemente distanti come il commercio internazionale. La guerra commerciale tra Corea del Sud e Giappone non è nata solo da questioni economiche, ma da un rancore storico che continua a riaffiorare e a essere politicizzato. La strumentalizzazione della memoria, seppur comprensibile dal punto di vista identitario, rischia di compromettere la cooperazione regionale, la stabilità economica e la fiducia tra popoli.

Comprendere queste dinamiche è essenziale per chi si occupa di politica estera, economia e relazioni internazionali, ma anche per i cittadini che desiderano interpretare con più consapevolezza le tensioni che attraversano l’Asia orientale. Solo affrontando il passato con rigore storico e volontà di dialogo, si potrà evitare che il rancore si trasformi ancora una volta in conflitto.

fonte foto: Digitrend

(ITALPRESS).