IL MIRACOLO DI SANT’ANTONIO, IL LUKAKISMO E L’ANTICA SFIDA MILANESE

La rinuncia della Juve a farsi protagonista cincischiando un calcio che prima o poi farà esplodere Ronaldo – i cui gol per ora servono soltanto (per chi ci crede) a cogliere un presunto record alla faccia di Pelè – fa rinascere l’antica sfida fra Milan e Inter. Dico antica perchè ripropone (pur se in misura ridotta) la storica carica agonistica nerazzurra contro una certa ordinata eleganza dei rossoneri (spreconi, come s’è visto iersera a Roma, tacco…sanremese di Ibra compreso). Il bello è tuttavia da venire ma intanto l’attenzione se la prende l’Inter, trascinata dal solito Lukaku, ma animata da un Conte ritrovato che, proprio costruendo Romelu a immagine e somiglianza della propria intensità, sta realizzando un’impresa straordinaria che finalmente gli farà guadagnare l’amore dei tifosi. Il miracolo di Sant’Antonio? Semplice: mentre sta crollando l’impero Suning sotto il diktat del governo cinese, il tecnico tanto discusso (a cominciare dalla sua odiosa juventinità) manda un messaggio al potentissimo leader cinese Jinping. E’ come se dicesse: voglio vedere se avete il coraggio di demolire questa grande Inter come avete fatto con lo Jangsu di Nanchino la cui chiusura è stata annunciata ieri dalla famiglia Zhang. Si dice spesso che le avversità creano il coraggio e la forza per abbatterle, ma il più delle volte è letteratura. Nella triste stagione del Covid Conte ha rischiato in più di una occasione di smarrire la certezza di battersi per lo scudetto, sua ultima chance dopo essere uscito dalle Coppe: il blocco degli acquisti che pretendeva per avere una squadra strapotente, l’irritazione dei padroni, l’equivoco Eriksen, gli eccessi caratteriali, tutto ne suggeriva il fallimento. E invece eccola, la Beneamata, farsi Inter davvero, forse imprendibile, certo dotata delle qualità vere che vanno ben oltre il chiacchiericcio dei presunti esperti, annichiliti da un gioco felicemente italico grazie in particolare al Contropiede ritrovato e riverito anche dai propugnatori del gioco estetizzante di volta in volta chiamato Guardiolismo, Giampaolismo, Sarrismo e fantasie varie. Il Lukakismo riporta – come dicevo – ai fasti nerazzurri d’antan, a Mazzola e Jair, con la precisazione che Romelu li interpreta entrambi.
Contemporaneamente. Con un pò di Aurelio Milani, il bomber.
Certo la storia non finisce qui, c’è il tempo – si dice sempre – per rivedere una Juve più ambiziosa e concreta mentre Roma, Napoli e Atalanta giocheranno – immagino – il solito campionato minore che si chiama Zona Champions, destinato non tanto alla conquista di gloria ma di soldi per tirare avanti.
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(ITALPRESS).

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