Trapianti di organi in crescita, ma in alcune regioni serve ancora più sensibilità

ROMA (ITALPRESS) – In Italia i trapianti d’organo sono una realtà consolidata e un punto d’eccellenza del Servizio sanitario nazionale: l’attività è coordinata dal Centro nazionale trapianti e si basa sulla solidarietà dei donatori e sull’efficienza delle strutture sanitarie coinvolte. Ogni anno migliaia di pazienti ricevono una nuova possibilità di vita grazie alla donazione di cuore, fegato, polmoni, reni e pancreas: il trapianto di rene è il più comune nel nostro paese e rappresenta circa la metà di tutti i trapianti effettuati. È destinato principalmente ai pazienti affetti da insufficienza renale cronaca terminale, che altrimenti sarebbero costretti alla dialisi; grazie al trapianto migliora la qualità di aspettativa di vita; il trapianto combinato di rene e pancreas permette di correggere contemporaneamente sia il diabete sia l’insufficienza renale, riducendo il rischio di complicanze legate al diabete. La disponibilità di organi rimane un fattore critico al momento insuperabile: nel nostro Paese, infatti, non è possibile utilizzare organi di animale per effettuare trapianti.

“La mia carriera è iniziata negli Stati Uniti, a Houston: è lì che ho imparato il trapianto renale; al tempo c’erano alcuni centri in Italia che li facevano, però sicuramente gli Stati Uniti erano più avanti sia come numeri che come qualità. Nel 1988 ho iniziato a Padova l’attività di trapianto di rene e di pancreas, c’è stata una crescita progressiva ma molto importante nei numeri: abbiamo impiegato 19 anni per arrivare a mille trapianti, altri nove per arrivare a duemila e ulteriori sei per arrivare a tremila”, ha detto Paolo Rigotti, responsabile chirurgo del Centro trapianti dell’ospedale San Raffaele di Milano, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress. Rigotti sottolinea poi come al momento del suo insediamento l’attività trapiantologica al San Raffaele fosse ferma “perché mancava il chirurgo di riferimento, ma con il mio arrivo abbiamo ripreso molto bene. Il paziente con insufficienza renale cronica è il maggior candidato al trapianto di rene: questo scenario si verifica quando i reni non riescono più a depurare l’organismo. A questi pazienti serve un trattamento sostitutivo che può essere la dialisi, l’emodialisi, la dialisi peritoneale o il trapianto: non è necessario che si faccia prima l’una e poi l’altra, si può fare il trapianto senza fare la dialisi. Le malattie renali che portano a un’insufficienza cronica possono essere specifiche o sistemiche, come nel caso dell’ipertensione o del diabete: qui è fondamentale il controllo delle malattie per non sviluppare l’insufficienza renale”.

Il responsabile del Centro trapianti dell’ospedale milanese si sofferma sulle innovazioni nel campo, comprese quelle per cui si attende ancora l’ok dalla legge italiana: “Per lo xenotrapianto, che in Italia è vietato, siamo ancora a una fase del tutto sperimentale: credo che i progressi nell’ingegneria genetica possano far pensare a una svolta. Gli strumenti chirurgici più innovativi possono prevedere anche l’utilizzo di un robot: sicuramente questo ha portato un enorme vantaggio sul prelievo di rene da donatore vivente, rendendo l’intervento meno traumatico, ma sul trapianto vero e proprio le indicazioni sono più limitate ad eccezione dei pazienti obesi, dove l’impiego del robot dà un vantaggio. Il trapianto simultaneo di rene e pancreas si fa nei pazienti diabetici di tipo 1, che hanno sviluppato come complicanza l’insufficienza renale: non è l’unica possibilità di cura, ma certamente una delle principali. Non credo ci sia una competizione tra un trapianto dell’intero organo e quello delle singole cellule: l’indicazione varia a seconda del paziente, è ovvio che il trapianto completo comporta un intervento più importante ma se ci sono rischi per il paziente è meglio che si proceda solo con il trapianto di cellule”. Gli ultimi aspetti affrontati da Rigotti sono la necessità di una maggiore sensibilizzazione in alcune aree del paese e i requisiti che devono possedere i giovani che si cimentano in questo settore: “In Italia c’è un’opposizione al prelievo del 30%, su questo dobbiamo ancora lavorare soprattutto per uniformare le varie regioni: ci sono differenze davvero importanti da una regione all’altra, al nord c’è maggiore sensibilità ma ad esempio la Sicilia negli ultimi due anni ha avuto una crescita notevole. Per occuparsi di trapianti ci vogliono passione e dedizione: un giovane chirurgo deve puntare sulle nuove tecniche, come colonscopia e robot, senza però tralasciare quelle standard; un altro aspetto fondamentale per chi si occupa di trapianti è la competenza immunologica”.

– foto tratta da video Medicina Top –

(ITALPRESS).

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