Terra Felix, ecomuseo nel casertano

“Ci sono sfide che, in un contesto come il nostro, fanno tremare le gambe, ma non puoi evitare di accettare e portarle avanti fino in fondo. Poi ti guardi indietro e scopri che il cammino compiuto è straordinario, e che ne è valsa sicuramente la pena di restare qui e mettersi in gioco”. Così si esprime Francesco Pascale, direttore scientifico dell’Ecomuseo Terra Felix di Succivo, in provincia di Caserta, guardando non solo indietro, alle tante cose realizzate, ma anche avanti, alle tante cose che vuole realizzare e riprendere quanto prima dopo il fermo forzato a causa della pandemia.
‘Il punto di forza di un ecomuseo – spiega – è proprio la sua capacità di riconoscere e valorizzare le risorse storico-culturali ed ambientali dei luoghi, le loro tradizioni, i saperi antichi. L’ecomuseo rappresenta un’alternativa al museo tradizionale e si distingue dal classico assetto espositivo perché non privilegia collezioni storiche particolari, ma mette al centro i valori ambientali e culturali di un dato patrimonio. E’ qualcosa di vivo, sempre in contatto con le comunità locali di riferimento. L’Ecomuseo Terra Felix, in particolare, si propone di dare un contributo di idee e di esperienze allo sviluppo del territorio di ‘Terra di lavoro’. La logica che sottende questa nostra azione di ‘orientamento’ delle politiche di sviluppo è quella della sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Quindi la comunità ha contribuito alla sua realizzazione? Come?
L’Ecomuseo Terra Felix è stato realizzato all’interno del Casale di Teverolaccio, punto di partenza universalmente riconosciuto come luogo della memoria della tradizione contadina di Succivo. Qui nel ‘700 si svolgevano mercati agricoli di eccellenza e nel dopoguerra le feste della comunità; nella piccola chiesa di San Sossio si svolgeva una delle più importanti feste patronali, ci si sposava e si celebravano i sacramenti. Tutto il progetto di riqualificazione è stato elaborato in maniera partecipata; i suoi contenuti corrispondono all’identità stessa della comunità locale; le tradizioni, gli oggetti, le colture, le testimonianze storico-artistiche di un territorio Evidenzia il modo con cui la comunità locale vede, percepisce, attribuisce valore al proprio territorio, alle sue memorie, alle sue trasformazioni, alla sua realtà attuale e a come vorrebbe che fosse in futuro.

Quali gli interventi principali di valorizzazione del Casale?
Tre le direttrici attraverso cui ci eravamo mossi: realizzazione di una tipicheria nella ex-stalla, un ristorante dove assaporare le eccellenze del territorio a km 0, la rifunzionalizzazione dei locali sottotetto a museo e laboratori didattici e la valorizzazione del giardino.Per quest’ultimo abbiamo coinvolto i docenti e gli studenti della Facoltà di Architettura dell’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitellied è stato progettato insieme alla Federazione Italiana Superamento Handicap (FISH) – Campania, quindi il percorso è totalmente accessibile.

Avete anche realizzato degli orti sociali. Chi li coltiva?

Gli orti sociali sono coltivati dagli anziani del posto, che producono verdure e ortaggi di stagione secondo il metodo dell’agricoltura naturale, senza pesticidi. La produzione è destinata all’autoconsumo. Sono 70 mq ma i nostri 18 ortolani riescono ad avere una produzione abbondante, tanto da soddisfare il fabbisogno di figli e nipoti! Il ristorante a Km zero è la tipicheria, che noi definiamo Museo – orto – ristorante. Uno spazio del gusto in cui puoi ritrovare i sapori dei prodotti di eccellenza del nostro territorio, tutti di stagione e biologici. Gran parte dei prodotti agricoli utilizzati nella Tipicheria, il ristorante a Km 0, viene dal nostro campo situato poco distante. Un appezzamento di circa un ettaro, metà di cui la metà è vigna che produce l”Asprinio DOC di Aversa’. Quest’anno abbiamo prodotto circa 1000 bottiglie e a breve lanceremo una campagna per la vendita delle nostre etichette. Con il ricavato acquisteremo parte dei mezzi agricoli necessari all’attività di agricoltura sociale, che attualmente coinvolge due dipendenti in condizioni di fragilità.

Il 5 giugno, pur consapevoli del rischio di minori presenze ed entrate, avete riaperto. Che cosa offrite agli ospiti?
Ai visitatori che varcano la soglia del giardino offriamo un’esperienza ricreativa, ludica ed educativa che difficilmente puoi trovare nel nostro territorio. Dagli orti sociali ben curati al percorso dei sensi, dai profumi delle spezie al prato verde e rigoglioso, dalla cavea al noceto. Ogni domenica ci sono anche gli eco-laboratori gratuiti ‘Orti aperti’, ‘un libro a merenda’, ‘fiabe itineranti’, secondo la nostra idea di ‘tempo libero qualificato’. Siamo orgogliosi di aver sottratto genitori e bambini alle sterili passeggiate ai centri commerciali.

Quali problemi vi ha creato la pandemia e come pensate di superarli?
La pandemia purtroppo ha determinato la chiusura totale dal 9 marzo sia della tipicheria che dell’ecomuseo; tutte le visite didattiche già prenotate, così come le ecocerimonie sono state annullate. E purtroppo anche i finanziamenti già in atto sono stati sospesi. E’ stato un momento difficilissimo, con le entrate azzerate e nessuna idea di quando saremmo ripartiti. Ci siamo concentrati sulle attività realizzabili da remoto, ossia la progettazione sociale, e sull’attività agricola, che non si è fermata. Da queste abbiamo ritrovato la forza per andare avanti. Abbiamo seguito tutta l’evoluzione normativa nazionale e regionale, adeguando agli standard di sicurezza le attività degli orti sociali, l’attività di ristorazione e le attività socioeducative all’aperto. E così abbiamo messo a servizio dei bambini con fragilità (disabili ed autistici) il nostro giardino: previa prenotazione, le famiglie hanno potuto trascorrere dei momenti all’aria aperta con i loro bambini. Successivamente abbiamo riaperto gli orti sociali. Nel periodo della pandemia, quando è stato possibile riprendere le attività del servizio civile, i volontari guidati via webcam dagli ortolani, hanno coltivato gli orti sociali e raccolto le verdure: è stata un’esperienza indimenticabile. Quando gli anziani sono rientrati nei loro orti, siamo stati davvero molto felici. La scorsa settimana abbiamo avviato la settima edizione del ‘Green village’, l’ecocampo estivo per i bambini del nostro territorio. Abbiamo anche riaperto la Tipicheria ma i posti si sono dimezzati, nonostante lo spazio esterno. Ci auguriamo che la situazione sanitaria migliori velocemente altrimenti avremo un serio problema di sostenibilità dell’attività ristorativa.

La realizzazione dell’Ecomuseo ha inizio molti anni fa, vero?
Il percorso che ha portato alla realizzazione dell’Ecomuseo Terra Felix è iniziato quasi 20 anni fa insieme ai volontari del Circolo Legambiente Geofilos Atella. Ma tutto questo non sarebbe durato a lungo se non fosse intervenuta una strutturazione – e una messa a reddito – di alcune funzioni. In questo passaggio critico e strategico per il quale la Fondazione Con il Sud non solo ci ha fornito le risorse finanziarie per avviare la nostra azienda agricola sociale multifunzionale, ma soprattutto ci ha obbligati ad una maturazione di gruppo e fatto si che un’azione di volontariato si trasformasse in un’impresa sociale sostenibile. Oggi ci sostiene ancora, insieme a Con I Bambini, nella realizzazione di Horticultura, che genera orti didattici in importanti siti museali ed archeologici della Campania; di Teverolaccio Rural Hub, che recupera nuovi spazi del Casale e ne fa il punto di riferimento del mondo dell’agricoltura casertana, della gestione energetica, della eco-compatibilità, dei progetti innovativi in materia di didattica, eco-turismo, ristorazione biologica e a km0 e di Fabula, Laboratorio di Comunità, che fa dell’ex Municipio di Atella di Napoli, una sorta di piccolo Centro Pompidou, con al suo interno un Museo Archeologico dell’Agro Atellano, un eco-bistrot, un centro polivalente per minori, aree per concerti, formazione ed eventi.
(ITALPRESS).

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