
“Il Coni ha sempre seguito con discrezione e serietà questa vicenda e continuerà a farlo con attenzione e interesse, monitorando e valutando possibili sviluppi a tutti i livelli, perché è un dovere per tutti i protagonisti di questa storia avere chiarezza e fugare ogni dubbio al fine di non lasciare ombre e sospetti di cui sicuramente lo sport non ha bisogno”. Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, interviene sulla vicenda Schwazer il giorno dopo l’archiviazione decisa dal gip di Bolzano che ha di fatto scagionato il campione olimpico di Pechino 2008 da ogni accusa di doping. “Come ho sempre sostenuto in questi anni, le sentenze non si commentano ma si rispettano – ha aggiunto Malagò – Al limite, quando non piacciono, si impugnano. Sono sinceramente dispiaciuto per quanto hanno vissuto in questi anni Alex Schwazer e quanti gli sono stati vicini, a cominciare da Sandro Donati. A tutti loro va la mia personale solidarietà e vicinanza”.
La Wada però non ci sta. Nelle motivazioni dell’ordinanza, il gip di Bolzano, Walter Pelino, ha ipotizzato una responsabilità della Federazione internazionale di atletica leggera e dell’Agenzia mondiale antidoping nella manipolazione delle urine. Pur ammettendo la mancanza di prove dirette contro Iaaf e Wada, il giudice Pelino ha ricordato le difficoltà incontrate nel portare avanti le indagini a causa delle resistenze di Iaaf e Wada e soprattutto punta il dito sull’anomala concentrazione del Dna nelle urine di Schwazer. L’Agenzia mondiale antidoping, nella notte italiana, ha respinto con un comunicato via Twitter il contenuto della sentenza parlando di “numerose accuse sconsiderate e infondate”.
La Wada esprime “grande preoccupazione”, spiegando che “anche se il lungo dispositivo della sentenza dovrà essere valutato interamente”, si ritiene “sconvolta dalle molteplici accuse sconsiderate e infondate che il giudice ha avanzato contro l’organizzazione e altre parti in causa. Nel corso del procedimento, la Wada ha fornito prove evidenti corroborate da esperti indipendenti e che il giudice ha respinto a favore di teorie infondate. La Wada era una parte civile in questo procedimento e aveva il compito di assistere il tribunale nel prendere la sua decisione. L’Agenzia ribadisce l’evidenza di tutte le prove fornite e respinge con la massima fermezza le critiche diffamatorie contenute nella sentenza. Al termine dell’analisi dell’intero dispositivo, la Wada prenderà in considerazione tutte le opzioni disponibili, azioni legali comprese”.
(ITALPRESS).