Quarant’anni fa la strage alla stazione di Bologna

Bologna - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla stazione di Bologna in occasione della deposizione di una corona di fiori sulla lapide in memoria delle vittime della strage, oggi 30 luglio 2020..(Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Sabato 2 agosto 1980. Alle ore 10.25 una bomba scoppia nella sala d’attesa della stazione ferroviaria di Bologna: 85 morti e oltre 200 feriti. Le vite di famiglie pronte per le vacanze, turisti di passaggio e lavoratori del nodo ferroviario più importante d’Italia spazzate via da un ordigno, nascosto in una valigia, composto da una quindicina di chili di esplosivo. L’esplosione investe anche il treno Ancona-Chiasso, in sosta al primo binario. Nella stazione orrore e dolore, poi in pochi minuti scatta la macchina dei soccorsi. Quella stessa sera viene indetta una manifestazione in piazza Maggiore, poi il 4 agosto saranno in 30-40 mila a ritrovarsi nella stessa piazza. “Siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia, al più grave attentato dell’Italia repubblicana”, dirà il presidente della Repubblica Sandro Pertini arrivato nel pomeriggio a Bologna. Il Capo dello Stato tornerà il 6 agosto, quando in piazza Maggiore si svolgono i funerali delle vittime. Con lui il sindaco Renato Zangheri. “Un dolore come questo – affermò il sindaco nel discorso pronunciato ai funerali – di chi ha visto la morte dei propri congiunti più cari e di chi attende ancora l’esito di ricerche strazianti, come non ha ragione nell’ordine delle cose umane così non trova consolazione”.
La strage alla stazione di Bologna è una ferita nella storia d’Italia, ma è anche una battaglia segnata da una lunga vicenda giudiziaria e da un’altrettanto lunga scia di depistaggi che iniziano sin da subito. Come l’idea che a provocare lo scoppio fosse stata una caldaia. Due le rivendicazioni dell’attentato: prima quello dei Nar – Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo d’ispirazione neofascista, e poi dalle Brigate Rosse. L’1 giugno 1981 nasce l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage. Sul fronte giudiziario, il 19 gennaio 1987 inizia il processo che vede imputati con l’accusa di strage Massimo Fachini, Paolo Signorelli e Roberto Rinani, legati a Ordine Nuovo, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, legati invece ai Nar. La sentenza dell’11 luglio 1988 condanna all’ergastolo quattro di questi, mentre vengono assolti Rinani e Signorelli. Tra i condannati anche il consulente del direttore del Sismi Francesco Pazienza, gli ufficiali dei servizi militari Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e Licio Gelli della P2. Colpo di scena al processo del 18 luglio 1990, quando tutti i condannati per delitti di strage vengono assolti, così come Pazienza e Gelli.

 

A Belmonte e Musumeci la pena viene ridotta da 10 a 3 anni. Dopo il ricorso della Procura generale e delle parti civili, il 12 febbraio 1992 le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione stabiliscono che il processo va rifatto. Così l’11 ottobre 1993 inizia il secondo processo d’appello, conclusosi nel maggio dell’anno successivo con l’ergastolo per delitto di strage per Picciafuoco, Fioravanti e Mambro. Fachini viene assolto. Inoltre, viene anche confermata la sentenza in primo grado a Pazienza, Gelli, Musumeci e Belmonte per depistaggio. Nel 1997, poi, la Cassazione assolve Picciafuoco. Il 9 giugno 2000 vengono condannati per depistaggio l’estremista di destra Massimo Carminati, l’ex direttore del Sismi di Firenze Federigo Mannucci Benincasa e Ivano Bongiovanni, un malvivente legato all’estrema destra. Nel 2001 la Corte d’appello conferma la condanna a 4 anni e 6 mesi per Bongiovanni, assolvendo gli altri due. Dal 30 gennaio 2000 all’11 aprile 2007 si svolge il processo per Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca della strage. Diverse le sentenze emesse nei suoi confronti, fino appunto a quella definitiva dell’11 aprile 2007 che lo condanna a esecutore della strage.
Il 21 marzo 2018 inizia il processo che vede imputato Gilberto Cavallini. L’ex Nar viene condannato il 9 gennaio 2020 all’ergastolo per concorso in strage. Poco più di un mese dopo, l’11 febbraio, la Procura generale di Bologna chiude la nuova inchiesta sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione notificando quattro avvisi di fine indagine. Tra i destinatari Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, ritenuto esecutore e che avrebbe agito in concorso con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti e quattro deceduti e ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori, e con i Nar Fioravanti, Mambro e Ciavardini, già condannati in via definitiva come esecutori. Gli altri tre avvisi di fine indagine riguardano Quintino Spella e Piergiorgio Segatel per il reato di depistaggio e Domenico Catracchia per il quale si ipotizza il reato di false informazioni al pubblico ministero. Intanto, il lavoro degli inquirenti procede e ora si fa strada l’ipotesi di flussi di denaro della P2 a favore del terrorismo fascista.
(ITALPRESS).

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