QUANTE EMOZIONI NELLA ZONA SALVEZZA

Forse perché coinvolto dalla passione per il Bologna, frequentatore dei quartieri bassi – quest'anno bassissimi e pericolosi – ritrovo nella Zona Salvezza (che appunto preferisco alla Zona Retrocessione) tutte le emozioni – e anche prove di grande bravura – tolte al campionato dalla Juventus. Criticatemi, ditemi pure quant'è bella la Zona Champions, che con sei candidate all'Europa che conta partorisce da settimane match combattutissimi; ma avendo conosciuto e frequentato la Coppa dei Campioni originale non riesco ad esaltarmi per le imprese di un gruppo di Straordinarie Perdenti cosí snobbate dalla Juve: Napoli a 16 punti, Inter a 26, Atalanta a 27, Roma a 30, Torino a 32…E qui mi fermo per ribadire: gloria agli ultimi, alle loro pene, speranze, delusioni; alla loro umiltà ch'è sempre una lezione di sport come quella che seppe dare due anni fa Davide Nicola con il Crotone.

Onore dunque al Chievo, ai Mussi Volanti che lasciano la Serie A dopo diciott'anni (con un solo scivolone), unica squadra salita al vertice dai campionati regionali, amministrata dall'ormai mitico Luca Campedelli che, guarda caso, è l'unico produttore di panettoni che non piange sull'uvetta versata, e ha fatto anche la Champions – lui sí con merito – e deve la retrocessione non al lavoro di Mimmo Di Carlo, ottimo, ma a una semifurbata amministrativa con annessa penalizzazione (bacchettata!) e al trasferimento del Mago Sartori all'Atalanta che fa faville (detto fra noi, sennò Gasp s'offende: la Nuova Dea l'ha fatta lui, Sartori, contestato dall'allenatore oggi lodatissimo al punto che qualcuno l'ha definito "migliore di Conte").

E onore al Frosinone che prima di retrocedere ha lottato fino all'ultimo respiro e va a riposo, penso per una stagione, con un'immagine imprenditoriale e sportiva degna del suo presidente, Maurizio Stirpe, uno dei maggiori industriali del Lazio, vicepresidente nazionale di Confindustria. Stirpe ha affermato la sua passione di uomo e di sportivo offrendo ai tifosi e alla città di Frosinone uno stadio nuovo che (ancora) non ha un nome furbo di sponsor ma quello di suo padre, Benito, come si vuole in una storia che mi piacerebbe sentir raccontare dal caro Nino Manfredi con il suo accento di figlio di Ciociaria non a caso detta Terra di Lavoro.

È minacciato di retrocessione – ma non gliel'auguro – anche l'Empoli Football Club di Fabrizio Corsi, il presidente rifondatore che dal '91 ha realizzato performance straordinarie offrendo al calcio, fra cadute e resurrezioni, maestri come Guidolin, Spalletti, Orrico, Silvio Baldini, Cagni, Malesani, Pillon, Sarri e Giampaolo e tanti campioni rappresentati da Massimo Maccarone e Totò Di Natale. Corsi come Anconetani, Empoli come Pisa, la classica scuola toscana dove spesso, a fronte di una grande tradizione, nascono gli Innovatori. La drammatica stagione dell'Empoli non è frutto di errori banali ma di una forse fatale indecisione fra l'affidarsi del tutto all'immaginifico Andreazzoli o a Iachini, risultatista per eccellenza, paradossalmente applauditi quando conquistavano o perdevano non tanto la panchina ma la cattedra all'Università di Empoli.

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