MOURINHO HA RAGIONE: IL CALCIO E’ DAVVERO CAMBIATO

Josè Mourinho, un pò pro domo sua, un pò perchè è vero, dopo il gol annullato a Zaniolo contro il Genoa per l’intervento del VAR, sabato ha detto: “Non è più calcio”. A prescindere dalle sue polemiche sui maltrattamenti (veri o presunti) subiti dalla Roma (“Siamo piccoli”) ci sono delle considerazioni da fare sul “calcio che è cambiato”. Se tornassero a giocare gli assi del passato (non diciamo Piola e Meazza, ma i più recenti Maradona e Falcao) si troverebbero forse spaesati nel doversi cimentare in un gioco diverso da quello dei loro tempi, in cui le regole mutano rapidamente e si introducono elementi nuovi a ogni piè sospinto. Una volta si diceva che la forza di questo gioco e la sua popolarità, fossero dovute alle regole immutabili, ora si sostiene che la vita è cambiata e bisogna rinnovarsi. E’ vero, ma il troppo è troppo. Potremmo fare l’elenco degli usi e costumi attuali (i comportamenti del portiere, i retropassaggi vietati, gli offside da segnalare ad azione finita, gli interventi del VAR ecc.), che sono diversi rispetto al passato.
C’è stato chi ha insinuato che si è cercato di avvantaggiare con nuove regole il gioco d’attacco per ottenere più gol e conquistare i favori del pubblico e mercati nuovi. Negli USA, per esempio, definiscono il calcio “boring” (noioso) perchè non accettano i pareggi (nei loro sport vince il più forte) e le partite con pochi gol. Per motivi anagrafici abbiamo visto un altro calcio, in cui gli arbitri scappavano dagli stadi vestiti da poliziotti o prelevati da elicotteri e le invasioni di campo non erano rare. Non rimpiangiamo certo quei tempi, ma forse quello era un calcio più umano, pieno di difetti, ma decifrabile. Ora gli arbitri fanno parte dell’ingranaggio e sono ben organizzati e pagati, come gli allenatori e i divi della pedata. Quanto dovrebbero guadagnare oggi un Concetto Lo Bello, un Campanati, un Agnolin ecc.? Sulle questioni arbitrali e del VAR si potrebbe discutere all’infinito. Noi ci limitiamo a ricordare agli addetti ai lavori che essi ricevono lauti compensi per dare giudizi equanimi, fornire prestazioni adeguate e assumere comportamenti seri e possibilmente onesti. Non parliamo degli arbitri, ovviamente fallibili, ma tutta la fauna pallonara. Siamo convinti che ormai, fra VAR e marchingegni vari, abbiamo tutti le idee confuse.
E forse è meglio guardare le partite al teleschermo non solo per questioni meteorologiche e pericoli di aggressioni allo stadio, ma perchè la verità è ormai solo quella che ci offre l’imparziale occhio elettronico. Ma se ce ne restiamo tutti a casa, il calcio fallisce. Tuttavia dalle tribune spesso si vede poco o nulla e gli stessi giornalisti, che dai loro scranni lontanissimi dal terreno di gioco, senza l’ausilio di un monitor capiscono poco di quel che succede in campo e devono tranciare giudizi immediati, fanno un lavoro difficile e devono talvolta chiedere spiegazioni a chi è davanti alla tv. Inutile nasconderlo. I tifosi vanno allo stadio (e magari litigano) per episodi non adamantini: gli impianti sono obsoleti, nessuno chiarisce nulla. Tempo fa anche Gasperini disse che gli arbitri dovrebbero “spiegare” le loro decisioni. Insomma, si va alla partita “to enjoy the atmosphere”(per godere dell’atmosfera), come dicono quelli che parlano l’inglese, ma è difficile spesso comprendere cosa è capitato. Quando si torna a casa, si scopre dalla tv quel che è veramente successo sui terreni di gioco. Eh, sì, il calcio è veramente cambiato, come dice Mourinho. E’ davvero un’altra cosa. In campo e fuori.
(ITALPRESS)

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