Libia, Ruvinetti “Preoccupati per la divisione crescente”

ROMA (ITALPRESS) – Si dice molto preoccupato per la situazione in cui si trova la Libia in questo momento, tra l’acuirsi delle divisioni tra est e ovest e le proteste in corso al giacimento di petrolio di al-Sharara e quella prevista per oggi all’impianto di Mellitah Daniele Ruvinetti, Senior Advisor della fondazione “Med-Or”. In un’intervista all’agenzia Italpress, l’esperto italiano di Libia delinea il quadro della situazione nel paese Nord africano che è stato messo da parte della Comunità internazionale a causa delle crisi internazionali in corso in Ucraina e in Medio Oriente. “Continua a esserci una situazione complicata in Libia – spiega Ruvinetti – I libici non riescono a fare i passi in avanti per superare le divisioni tra est e ovest e per la creazione di un governo unificato che poi porti il paese alle elezioni che è l’obiettivo della Comunità internazionale, dell’Onu e di alcuni in Libia. Non di tutti però, perché nel paese c’è a chi conviene che resti lo status quo. Va ricordato che il governo attuale di Tripoli, guidato da Abdel Hamid al-Dabaiba, doveva terminare il mandato il 24 dicembre del 2021 per andare alle elezioni, cosa che non è avvenuta, e da quel momento ha creato forti frizioni con il parlamento di Tobruk e con Khalifa Haftar che non ha mai accettato Dabaiba”.
Per questo l’esperto si dice preoccupato per una divisione del paese “che si sta sempre più acuendo”. Sempre a livello interno “tutti i tentativi che si stanno facendo per ora tra il parlamento e il Consiglio di Stato per trovare un governo unificato non stanno andando a buon fine. Il parlamento insieme a Khalifa Haftar si stanno appoggiando al governo dell’est di Osama Hammad come premier, proprio perché c’è una forte divisione con il governo di Dabaiba che da loro non viene riconosciuto”. Ruvinetti sottolinea come “negli ultimi giorni una serie di sindaci di città importanti della Tripolitania hanno giurato fedeltà al governo dell’est e non più a Dabaiba che si trova in difficoltà. Questo perché non solo è scaduto da tempo e non ha trovato un accordo con Haftar, ma anche perché ha in atto questo scontro con il governatore della Banca Centrale, Sadiq al-Kabir, di cui ho dato notizia più volte nei media arabi e libici, e quindi non sta ricevendo i finanziamenti dalla banca che finanzia tutto il Paese”.
Dietro la presa di posizione di Al-Kabir, che a sua volta non vuole finanziare il governo di Dabaiba, c’è il fatto che “contesta il modo con il quale vengono utilizzate queste risorse”. Ma se Dabaiba non ha i fondi “per accontentare anche le milizie si trova davanti ad un problema di instabilità a Tripoli che è controllata dalle milizie. Dabaiba ha già perso influenza a Misurata che già in passato era divisa sull’appoggio al suo governo, e quindi questo quadro sta creando una situazione sempre più di divisione tra la Tripolitania e la Cirenaica”.
Questo ha un riflesso importante nella regione ma anche in Europa. “Nella regione perché vediamo paesi come il Niger – aggiunge l’analista – dove c’è un governo di generali golpisti, che sotto la spinta dei russi hanno abolito il reato di immigrazione clandestina, di traffico di esseri umani anche retroattivamente dal 2015 per liberare tutti i trafficanti dalle carceri, con una Libia così instabile vede riprendere i flussi che dal Centrafrica passano per Niger e Libia e arrivano in Europa. Questo crea un grosso problema all’Italia e all’Europa di gestione di flussi migratori che quest’anno sono aumentati molto rispetto al 2022”.
Con la crisi israelo-palestinese e quella ucraino-russa, “la Libia è una crisi minore e questo sta prolungando questa situazione di divisione dove anche l’Onu non riesce ad ottenere risultati e un punto di incontro tra le parti che porti ad un governo unificato almeno riconosciuto dalle parti in campo per poi organizzare le elezioni che sarebbero la forma massima di democrazione che porti ad un governo realmente espressione del popolo. Questa mancanza di attenzione sta portando ad una situazione che sta peggiorando con riflessi sull’immigrazione che riguardano anche noi”.
Ruvinetti ricorda come nel quadro libico agiscono degli attori che agiscono anche in altri contesti come la Russia. “Mosca ha tutto l’interesse che la Libia rimanga destabilizzata per una presenza ancora con la Wagner in Cirenaica che gli serve per destabilizzare la regione come in Niger – continua l’analista – I russi usano lo strumento dell’immigraione illegale per svolgere una guerra asimmetrica e mettere in difficoltà l’Europa. C’è una presenza della Turchia molto forte in Tripolitania che non vuole abbandonare la sua influenza conquistata nel 2019 quando ha “salvato” il governo di Fayez al Sarraj dall’offensiva di Khalifa Haftar e questo crea una situazione di stallo che sta andando verso divisione delle posizioni tra est e ovest”.
Si registra inoltre un forte attivismo degli Stati Uniti “che invece stanno cercando di spingere le parti a formare un governo unitario anche se loro sono concentrati sulle altre crisi in modo più forte. Per loro la Libia è importante ma non prioritaria. Anche la nomina di un nuovo ambasciatore Usa in Libia è un elemento nuovo”.
Alla luce di tutto questo è importante che l’Europa “si renda conto che il Mediterraneo è sempre più centrale. Si renda conto che è importante un coordinamento europeo su tematiche fondamentali come l’immigrazione clandestina e la stabilità del Mediterraneo e del Nord Africa. Tra queste la Libia è fondamentale sia per la stabilizzazione della regione e del Mediterraneo sia per l’approccio alla gestione dei flussi migratori”.
In questo quadro l’Italia può giocare un ruolo importante “specialmente in Libia per la sua influenza e presenza storica. Tutto questo si inserisce in un momento nel quale sono in corso agitazioni intorno ai pozzi petroliferi con le proteste anche a Mellitah che è uno snodo fondamentale per l’Italia perché ci passa il gas. Questa divisione tra est e ovest della Libia, come già avvenuto in passato, rischia di riflettersi sui pozzi petroliferi e portare verso una chiusura totale creando danni non solo alle casse libiche ma anche ai paesi come l’Italia che ai appoggiano alla Libia per gas e greggio”.

– foto fornita da Daniele Ruvinetti –
(ITALPRESS).

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