In Università Cattolica si analizza l’impatto sociale della robotica

“Sono proprio curioso di scoprire cosa pensano gli umani di noi”, questa la domanda che il robot umanoide Pepper pone spesso all’Università Cattolica di Milano, dove accoglie gli studenti nella sede di via Sant’Agnese, rispondendo a domande su aule e lezioni. Oggi Pepper ha introdotto i relatori che hanno partecipato alla presentazione di “Humane Robotics: A multidisciplinary approach towards the development of humane-centered technologies”, il volume pubblicato da Vita e Pensiero è stato curato dai docenti dell’Ateneo Giuseppe Riva e Antonella Marchetti, che analizza l’impatto sociale della robotica raccogliendo contributi dei gruppi di ricerca della Cattolica, coordinati dal laboratorio Humane Technology Lab, e di altre realtà accademiche europee e internazionali. Il convegno è stato aperto dal rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Franco Anelli. Papa Francesco ha sottolineato più volte che siamo davanti a un vero cambiamento d’epoca che può portare nuovo benessere ma anche rimettere l’Uomo nella condizione di distruggere sè stesso: “Questo è avvenuto con le armi nucleari, su cui siamo riusciti a trovare un accordo. Poi è avvenuto con i cambiamenti climatici, su cui capi di Stato e di governo sono riusciti a trovare una intesa durante la Cop26 di Parigi. Ora è urgente che la stessa cosa avvenga per l’Intelligenza Artificiale” ha sottolineato monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Anche perchè ormai ognuno di noi passa 6 ore in media al giorno davanti a schermi o interagendo con tecnologia di ogni tipo: “La domanda a cui dobbiamo rispondere è se essa ci fa stare meglio – si chiede Giuseppe Riva, direttore dello Humane Technology Lab -. La sua diffusione è esplosa quando è diventata un’esperienza. Oggi un bambino che non sa leggere è già in grado di interagire con un Iphone e tra dieci anni il confine tra digitale e fisico sparirà con il metaverso. Questo tocca tutte le aree dell’esperienza umana ed è proprio con lo sguardo multidisciplinare tipico della Cattolica che lo Humane Technology Lab porta avanti le sue ricerche”. Secondo il direttore di Italian Tech e Green&Blue Riccardo Luna è ingannevole mettere uomini e robot in alternativa: “Loro ci servono per vivere meglio, non per sostituirci. Essi non ci rubano il lavoro, casomai lo cambiano. La sfida è avere competenze adeguate per i nuovi lavori che si generano. Nel 2014, quando le insidie del web e della tecnologia non erano ancora così evidenti, il Papa disse che internet è un dono di Dio. Non si sbagliava: siamo noi a usarlo male. Io a 12 anni leggevo i fumetti mentre i nostri figli hanno a disposizione una quantità di dati incredibile. Se sapremo accompagnarli faranno cose meravigliose”. “L’interazione uomo-robot per noi deve esser accettabile oltre che soddisfacente – ha evidenziato Antonella Marchetti, direttrice del dipartimento di Psicologia dell’Ateneo e co-autrice del volume -. Ciò significa che il comportamento di un robot deve essere percepito dall’uomo come comprensibile e affidabile. I meccanismi che ci permettono da un punto di vista psicologico di comprendere il comportamento altrui e di ritenerlo affidabile cambiano nel corso di ciclo di vita. Per cui per progettare robot che entrano in relazione con l’uomo in modo efficace e accettabile per noi è necessario tenere presente lo sviluppo delle competenze cognitive affettive e sociali dell’uomo nel corso della sua vita”. Il lato etico di robotica e Intelligenza Artificiale deve recuperare terreno nei laboratori dove esse vengono sviluppate: “Noi tecnologhi facciamo fatica a gestire questo fronte – ha confermato Giorgio Metta, direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia -. Io sono un tecno-ottimista, credo che oltre a sforzarci per non usarla male dovremmo fare uno sforzo a livello nazionale per sviluppare la nostra tecnologia. Attualmente l’Italia ha forse l’1% delle capacità di calcolo globali. Per investire in maniera corretta però dobbiamo darci orizzonti temporali che vadano oltre la durata dei governi. I nostri ricercatori hanno avviato la ricerca su una molecola che potrebbe risolvere alcuni disturbi dello sviluppo neuronale dieci anni fa e potrebbe volerci un altro decennio per produrre un farmaco”. Una alleanza tra governi, università e aziende è fondamentale: «Serve mantenere uno sguardo positivo sulla tecnologia – ha sottolineato Roberto Vavassori, Chief Officer Pubblic Affair e Relazioni Internazionali di Brembo -. Dobbiamo cercare in dialoghi come questo fino a dove può arrivare la tecnologia e qual è il suo inalienabile punto di arrivo. Pensiamo all’editing genetico: cosa rende umano l’uomo quando esso ha a disposizione una quantità così impressionante di tecnologia? Su questo il mondo delle aziende deve essere aiutato a riflettere”. (ITALPRESS).

Photo credit Ufficio Stampa Università Cattolica

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