EDITORIA ONLINE A RISCHIO PER ‘NEIGHBOURING RIGHT’

L’Associazione nazionale della stampa online è sul piede di guerra, in vista dell’approvazione da parte del Parlamento europeo del cosiddetto ‘neighbouring right’. Se dalla plenaria prevista a Strasburgo dal 2 al 5 luglio arriverà il via libera infatti, nessuno potrà più rilanciare sui propri profili social le notizie che più lo hanno colpito. Salvo che l’editore che l’ha prodotta, non abbia stretto un accordo in tal senso con Facebook, Twitter e gli altri social network. La misura mette a rischio soprattutto la sopravvivenza delle testate locali web, denuncia l’Anso, poiché non hanno la forza economica per siglare tali intese, che andrebbero ripetute anche con gli editori di ogni singolo blog.

Anso raggruppa oggi 155 testate, hanno 15 milioni di lettori mese, 53 milioni di pagine lette mensilmente e producono 3.800 articoli al giorno. “Il traffico internet sui nostri siti, mediamente, deriva al 20% dai motori di ricerca, al 40% dal traffico diretto sui nostri siti, al 10% dagli aggregatori di notizie, e al 30% dai social network, con Facebook che fa la parte del leone” spiega a Italpress, Matteo Rainisio, vicepresidente di Anso che dirige Ivg e Genova24. “Togliere la possibilità di linkare le nostre news sui social, inoltre, ci toglierà ‘valore’ nell’algoritmo di ricerca di Google, che quindi nei suoi risultati ci farà scendere” spiega ancora Rainisio.

Le testate Anso hanno bacini di ogni dimensione, con conseguenti dimensioni occupazionali molto variegate, che vanno da 5 fino a 30 persone. Il seguito è però vastissimo, basti dire che il gruppo di Bergamo News su Facebook ha ben 200mila iscritti.

“A rischio c’è la ‘free flow information’, la libera circolazione delle notizie”, sintetizza Rainisio. Al centro della polemica con la Commissione Giustizia è l’articolo 11 della direttiva per il copyright nel mercato unico digitale, passato con 13 voti a favore e 12 contrari, che se la totalità dei membri del parlamento avallasse a luglio, porterà il Parlamento ad avviare le negoziazioni con il Consiglio europeo già dopo l’estate. Gli editori online dovranno a quel punto remunerare chi ha prodotto i contenuti linkati o condivisi. “Tale misura, sbilanciando le regole di mercato e penalizzando gli aggregatori di notizie, avrà effetti devastanti sui nostri modelli di business e sulla libertà di informazione in senso ampio» spiega ancora Rainisio, che sottolinea come “abbiamo cercato il dialogo con la Commissione Europea prima e con il Parlamento Europeo poi, sperando in una loro apertura a soluzioni più ragionevoli e digital-friendly. Siamo profondamente rammaricati che la nostra voce non sia stata ascoltata”. L’ultima speranza arriva dal regolamento del Parlamento di Strasburgo, che prevede qualora lo richiedano 75 suoi membri, che si proceda a una nuova valutazione e una ulteriore revisione della norma, riaprendo il procedimento legislativo. “Supportiamo la decisione di contestare tale posizione in Plenaria” conclude Reinisio, che però ricorda anche “come ciò sia avvenuto finora una sola volta”.

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