Con la tecnologia Sposalizio della Vergine di Raffaello torna a casa

E’ un’assenza lunga 222 anni quella che è stata colmata, grazie alle più moderne tecnologie applicate all’arte, nella Chiesa di San Francesco a Città di Castello (PG). Le sue volte sono infatti tornate ad accogliere l’armonia pittorica e le cromie originarie dello “Sposalizio della Vergine” di Raffaello, opera d’esordio e fra le più celebrate dell’Urbinate. Che la ultimò ventunenne nel 1504 proprio per questo luogo, da cui venne poi rimossa nel 1798 per mano del generale napoleonico Lechi.
Non si tratta ovviamente dell’autentica pala d’altare che le vicende successive a quella sottrazione condussero a Milano, nella Pinacoteca di Brera che oggi la conserva ed espone al pubblico, ma del suo perfetto clone. Una replica frutto di sofisticati processi di acquisizione e stampa 3D d’avanguardia. Capaci di rappresentare fedelmente la pennellata materica di Raffaello, le linee di costruzione, i cretti e tutte le imperfezioni presenti sull’originale della tavola.
Proprio le sale di Brera hanno fatto da teatro per il primo atto di questa particolare operazione di ricontestualizzazione storico-artistica che conclude il 2020. Anno celebrativo del Cinquecentenario di Raffaello Sanzio. La riproduzione tridimensionale posta nella cappella per cui lo “Sposalizio della Vergine” venne realizzato è infatti il risultato dell’elaborazione dell’immagine digitale in “gigapixel+3d” del capolavoro, acquisita lo scorso 2 novembre alla pinacoteca meneghina da Haltadefinizione, tech company del gruppo Franco Cosimo Panini Editore dedita all’arte e ai beni culturali.
Sviluppata da Haltadefinizione, questa tecnica consente di ottenere esemplari digitali a elevata risoluzione dei dipinti, tramite l’unione e l’elaborazione di una grande quantità di singoli scatti fotografici a porzioni del medesimo soggetto, 4250 fotogrammi nel caso dello Sposalizio. Poi ricomposti grazie ad algoritmi appositamente studiati. Nascono così immagini dettagliatissime, costituite da miliardi di pixel. E in grado di mostrare anche i più piccoli e impercettibili particolari di un quadro. La digitalizzazione di questo capolavoro ha richiesto un’elaborazione informatica di quindici giorni che ha generato un unico file TIF di ben 1,13 Terabyte. Ma non è tutto: il procedimento utilizzato e sviluppato insieme al partner tecnologico Memooria, consente anche di rilevare la matericità dell’opera. Di farne cioè una sorta di calco digitale che ne restituisce un’impronta tridimensionale con precisione nell’ordine della decina di micron. Grazie ai dati ottenuti in tal modo, è quindi possibile attuare un processo di stampa innovativo. Attraverso il quale viene fedelmente duplicata la superficie pittorica in termini fisici e cromatici, dando forma a un vero e proprio clone, visivamente identico all’originale.
(ITALPRESS/TraMe&Tech).

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