BUONI PASTO PIÙ CARI NEL 2020

buoni pasto normativa

Da mercoledì primo gennaio 2020 la quota del buono pasto che non concorre alla formazione del reddito da lavoro scende da 5.29 euro (le 10 mila lire di un tempo) a 4 euro. Significa 284 euro di reddito in più all’anno su cui calcolare Irpef, addizionali e pure maggiori contributi Inps, considerando una media di 20 buoni incassali al mese per undici mesi di lavoro, ferie escluse. Approvato lo scorso 24 dicembre, la manovra favorisce la digitalizzazione e tracciabilità del ticket, per evitare abusi e facilitare i controlli. Ne avevamo parlato giorni scorsi con Emmanuele Massagli, presidente di Aiwa e di Anseb, l’Associazione nazionale delle società emettitrici di buoni pasto, i cui soci rappresentano il 75% del mercato italiano. Le stime di Anseb valutano che il 60% del mercato dei buoni pasto sia già digitalizzato. Quindi c’è la possibilità (teorica) che il 40% del mercato (a oggi stimato in circa 3 miliardi di euro, tanto è il valore dei buoni pasto emessi ogni anno) finisca per ridursi di un quarto del valore.
Ne deriverebbe un calo del 10% del fatturato complessivo del settore. Per questo la stretta si accompagna a un contestuale incentivo per i buoni elettronici, il cui valore esentasse sale da 7 a 8 euro, apportando un beneficio fiscale (meno tasse per i lavoratori) da 18 milioni di euro. Ecco dunque che alla fine il gettito per lo Stato, certificato dalla relazione tecnica alla manovra, arriva a 56 milioni all’anno (74 milioni al netto dei 18).
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT).

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