BOLOGNA, IL 1980 SI FA ARTE PER LA MEMORIA COLLETTIVA

Foto, installazioni e murales per raccontare in piazze, strade e altri luoghi attraverso i linguaggi dell’arte il 1980, dodici mesi segnati da fatti che importanti per la storia italiana. Si chiama pubbliCITTA’_lost&found ed è il percorso promosso dall’associazione Serendippo che usa l’arte per fare memoria collettiva a Bologna. Dalla call for artists lanciata dall’associazione che dal 2008 lavora sul rapporto tra arte contemporanea e luogo/città, tra spazi pubblici e privati, sono state selezionate sei esposizioni che saranno visibili dal 19 al 31 gennaio durante ART CITY Bologna 2020 sulle pensiline Tper delle Linee 27-28 e 37 e due performance, che verranno invece realizzate durante la primavera del 2020 in quanto i lavori della commissione si sono chiusi oltre i tempi tecnici necessari per permettere agli artisti di performare nei prossimi giorni. Tema di questo percorso è il 1980, che per Bologna ha un particolare significato: è l’anno della strage di Ustica e dell’attentato alla stazione di Bologna.
“Questo – ha commentato l’assessore alla cultura del Comune di Bologna Matteo Lepore presentando l’iniziativa – è il primo progetto artistico per il quarantennale di Ustica e del 2 agosto”. Lepore ha sottolineato come Bologna abbia “saputo fare di questi appuntamenti un grande momento di partecipazione anche nella dimensione culturale e creativa”. Il 1980 è stato un anno particolarmente complesso per l’Italia: la crisi della Fiat a Torino, la chiusura della Borsa a Milano, la svalutazione della lira, il terrorismo, la strage del 2 agosto, le infiltrazioni mafiose e massoniche nello stato, la nascita della televisione commerciale, il terremoto dell’Irpinia, la nascita di Legambiente, l’entrata in funzione del Servizio Sanitario Nazionale, la nascita delle prime etichette discografiche indipendenti, la presentazione del progetto di legge di iniziativa popolare contro la violenza sessuale. A quarant’anni da questi fatti giovani artisti si sono confrontati con la storia e – come ha sottolineato la storica Cinzia Venturoli – “sono partiti dalla storia per renderla visibile e hanno unito la public history all’arte pubblica”.

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