Agricola Mpidusa, orti sostenibili per il rilancio dell’isola

La cooperativa di comunità Agricola Mpidusa è nata a Lampedusa nell’ambito del progetto Lampedusa Eco Farm. E’ un veicolo di inserimento socio-lavorativo di giovani anche con disabilità e al tempo stesso un innovativo modo di affrontare partendo dal denominatore comune della terra la complessità dell’isola – che è fortemente esposta agli effetti del cambiamento climatico ma soprattutto crocevia di migrazioni e culture e di questioni sociali ed ecologiche. A parlarne è Daniele Caucci, coordinatore dei progetti dell’associazione Terra!

Come nasce il progetto?

“L’idea di avviare una cooperativa agricola sociale di comunità a Lampedusa ci è venuta dopo aver condotto per cinque anni un progetto di orti comunitari a Lampedusa. Abbiamo così pensato di espanderla e rafforzare la componente agricola ed ecologica. Lampedusa è infatti un’isola dove coltivare è sempre stata un’impresa per via dei suoli in desertificazione e del forte vento. Ad oggi non c’è quasi nessuno che lavora la terra e la grande maggioranza del cibo viene importato con le navi. Agricola Mpidusa nasce proprio per dimostrare che si può fare qualcosa di diverso, che anche in tempi di crisi climatica l’agricoltura ecologica può fiorire in zone di frontiera, dare lavoro e prospettive alle comunità locali. A questa idea hanno creduto i numerosi partner del progetto e i soci della neonata cooperativa, tra cui la famiglia di uno degli ultimi agricoltori lampedusani che ha messo a disposizione le sue terre. Con il sostegno della Fondazione con il Sud e di Open Society Foundations, abbiamo potuto cominciare le attività”.

Siete una cooperativa giovane, nata ufficialmente il 9 marzo, ma prima di quella data avevate già un passato…

“Lo scorso marzo abbiamo brindato – con le dovute distanze – alla questa nuova avventura, che rappresenta una evoluzione del progetto di orti comunitari “P’Orto di Lampedusa”, avviato nel 2015. Per cinque anni abbiamo curato un lembo di terra nel centro abitato dell’isola, che avevamo chiesto al Comune e dalla Soprintendenza per riqualificare un’area degradata. Là dove si accumulavano erbacce e spazzatura abbiamo creato un giardino con erbe aromatiche, un semenzaio, particelle coltivate dai cittadini e aree dedicate ai più piccoli. La conquista più grande è stata l’aver coinvolto gli utenti del Centro diurno dell’isola, un gruppo di persone con disabilità psico-intellettive che grazie a P’Orto di Lampedusa hanno trovato un luogo di aggregazione aperto e a contatto con la comunità, uscendo da una condizione di emarginazione. L’esperienza degli orti ci ha inoltre messi in contatto con gli ultimi agricoltori di Lampedusa e Linosa, dai quali abbiamo ricevuto in dono sementi antiche e rare. Tenerle in vita è ormai una missione, insieme allo sforzo per riportare l’agricoltura su una terra da cui stava sparendo. Tutto questo ci ha spinti a realizzare Agricola Mpidusa, un progetto di rilancio dell’agricoltura locale, di lotta al cambiamento climatico attraverso l’agroecologia, d’inclusione di persone con fragilità e coinvolgimento della comunità intorno alle sue tradizioni agricole e alimentari”.

Cosa avete messo in campo ora?

“Semine e trapianti sono stati fatti a novembre per la prima volta. Abbiamo infatti dovuto prima preparare i terreni ad ospitare l’attività agricola. Per lunghe settimane abbiamo tagliato sterpi, tolto pietre, ristrutturato il pozzo e installato il sistema di irrigazione. Useremo un impianto ad “ala gocciolante”, ideato per consumare poca acqua e raggiungere in maniera capillare tutte le piante sul terreno. In zone semi-desertiche come Lampedusa, è fondamentale utilizzare tecniche ecologiche per ottimizzare le risorse e ridurre gli sprechi. A seguito di queste lavorazioni strutturali, abbiamo messo a dimora i primi prodotti. Presto arriveranno le insalate e gli ortaggi invernali: cavoli, broccoli, cavolfiori, verze, cipolle e barbabietole, oltre alle verdure a foglia verde come bieta e cicoria. Seguiremo il ritmo della natura, mettendo a dimora volta per volta i prodotti di stagione, stando attenti a fare poche lavorazioni sul suolo e molte rotazioni, in modo da arricchirlo di sostanza organica. La terra di Lampedusa è infatti interessata dalla desertificazione: una agricoltura ecologica può però fermare questo trend e riportare vita nei suoli”.

Avete il proposito di coltivare altri prodotti?

“Coltiviamo ortaggi e verdure di stagione. Oltre a tutte quelle invernali che abbiamo elencato, nelle altre stagioni troveremo insalate, pomodori, melanzane, peperoni, erbe aromatiche… ma la cosa più importante sarà il rilancio della produzione di varietà locali quasi estinte come il cappero, la lenticchia e la fava nera”.

Avete incontrato difficoltà lungo il vostro percorso?

“Con una battuta, potremmo dire che abbiamo sempre difficoltà. Lampedusa è distante dalla terraferma e dalla Sicilia e l’agricoltura è stata quasi abbandonata in favore del turismo e della pesca. Questo significa che non ci sono attrezzi agricoli da acquistare o chiedere in prestito sul territorio, ma bisogna ordinare tutto da fuori con tempi di attesa piuttosto lunghi, che con la pandemia si sono anche dilatati. C’è poi la difficoltà di trovare fertilizzante naturale come il letame, perché l’isola non è abitata da animali domestici. Sarà importante, per il futuro, progettare una compostiera di comunità, che raccolga scarti alimentari e altri residui vegetali per dar vita a un compost ricco di sostanza organica da spargere poi sui terreni. Anche il clima è un ostacolo all’agricoltura: Lampedusa è un’isola battuta dal vento e soffre, come tutta l’area mediterranea, di un aumento delle temperature medie. Siamo nel cuore di quello che gli scienziati chiamano un “hot spot climatico”, dove gli effetti del riscaldamento globale sono più evidenti. Anche per questo abbiamo voluto accettare la sfida di rilanciare la produzione del cibo sul territorio”.

La pandemia ha creato problemi?

“Questo 2020 è stato un anno difficile da tutti i punti di vista. Cominciare un’attività agricola è già di per sé una piccola impresa: farlo in piena pandemia ha rappresentato una sfida doppiamente impegnativa. Ritardi nelle forniture, difficoltà di movimento, preoccupazioni personali e ansia sociale sono i principali ostacoli che ci siamo trovati di fronte. Qualche settimana fa è arrivata perfino la grandine a distruggere una parte dei raccolti. Quasi nessuno si ricordava l’ultima grandinata a Lampedusa: abbiamo assistito ad un evento eccezionale di cui, probabilmente, possiamo incolpare il cambiamento climatico. Noi, come tanti altri agricoltori in tutto il mondo, facciamo parte del settore più esposto a questo aumento di frequenza e intensità degli eventi estremi: con questo progetto vogliamo dimostrare che l’agricoltura, invece di contribuire alle emissioni, può essere parte della soluzione”.

(ITALPRESS).

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