L’addio di Luciano Spalletti e la vera Nazionale da ritrovare

Di Antonio Ricotta

ROMA (ITALPRESS) – Dice di no, o meglio si commuove, si alza e va via. Se non qualcuno, qualcosa sì. Insomma un tradimento (non per forza o non solo umano ma dovuto al destino) Luciano Spalletti lo ha incassato. Lo ha spiegato indirettamente e senza sapere cosa sarebbe successo qualche ora dopo, uno che lo conosce bene, che gode della sua stima, un amico. Uno vero, uno che dice sempre la sua verità, uno di quelli che non è che non guardi in faccia nessuno, tutto il contrario, guarda in faccia tutti, è diretto e le sue idee non cambiano in base all’interlocutore.

“Il problema della Nazionale non è se c’è Spalletti, Conte, Lippi o Capello. Il problema è che creano una generazione di persone che non sa più nemmeno cosa sia la bandiera italiana, che cosa vuol dire indossare la maglia azzurra”, ha detto ieri Silvio Baldini dopo la promozione in B centrata dal suo Pescara. Ecco. L’allenatore conta, inutile fare percentuali, ma conta eccome. Il paradosso è che probabilmente conta di meno il commissario tecnico, ovvero il selezionatore, l’uomo che sceglie i migliori giocatori a disposizione, ma anche quelli che si avvicinano di più al suo modo di intendere il calcio. E qui arrivano le prime tracce di tradimento…di destino beffardo.

Arriva una partita fondamentale, storicamente nel momento peggiore per il calcio italiano: ovvero a stagione finita con i serbatoi di energie fisiche e mentali in riserva. In più c’è una serie di infortuni e di indisponibilità che fa tremare noi e sorridere Haaland e compagni. Mancano Calafiori, Buongiorno, Gatti non è al top, poi si faranno male Gabbia, Locatelli, Kean, c’è anche l’assenza di Acerbi, l’uomo che tutti avrebbero voluto in campo per arginare lo spauracchio Erling. Ci sarebbe, ma non c’è. Decide di dire no nella notte della batosta che il Psg rifila alla sua Inter, motivando il tutto con una presunta mancanza di rispetto subita. “Un calciatore non dice no a Spalletti, dice no a un qualcosa di ancora più grande che è l’Italia”, disse il capo delegazione azzurra, Gigi Buffon, per commentare quel rifiuto. Lui fa parte di quel discorso sulla “Vera Nazionale” che ha fatto Baldini ieri sera. Di quella Italia del 2006 che aveva tra i pilastri uno come Rino Gattuso che il giorno prima della partenza della Germania si fa male, prova a nascondere l’infortunio e minaccia di attaccarsi al pullman pur di indossare quella maglia e difendere i colori della Nazionale, quella ‘vera’.

Torniamo a questa di Italia, a una selezione che oltre agli infortuni e ai no rancorosi, deve fare i conti con i reduci da quella stessa notte di Monaco di Baviera vissuta da Acerbi prima di comunicare la sua scelta al ct. A Coverciano arrivano Barella, Bastoni, Dimarco, Frattesi. Gente scarica, stanca, avvilita. Comprensibile, anzi impossibile aspettarsi altro, ma sono giocatori fondamentali, sicuramente tra i migliori in Italia, e il ct, il selezionatore, cosa dovrebbe fare? Lasciarli fuori aggiungendoli alla lista degli indisponibili? Sarebbe stata una scelta che l’opinione pubblica avrebbe bollato come folle. Ma il punto non è questo, perchè Spalletti è un toscano alla Baldini, uno che segue le sue idee, difende il suo gruppo fino alla fine.

E in questo caso sul vero senso della parola, perchè proprio oggi, quando in conferenza stampa ha annunciato la fine di un’avventura che aveva sposato con l’entusiasmo di uno ‘scugnizzo’ appena diventato campione d’Italia, beh in quel momento ha continuato a difendere il suo gruppo, i suoi calciatori continuandoli a ritenere i migliori. Sarebbe stato facile scaricare le responsabilità, non lo ha mai fatto. Ma solo lui, dopo questo suo biennio, non l’ha fatto.

In mattinata era stato difeso a spada tratta dal presidente federale che in realtà, però, il suo benservito glielo aveva già comunicato.Luciano è la persona più corretta che abbia incontrato nel mondo del calcio. Una persona di animo nobile, che sta cercando di portare avanti un progetto straordinario. Gli attacchi che sta subendo sono assolutamente immeritati”, le parole di Gabriele Gravina.

Eppure Luciano Spalletti da domani sera non sarà più il ct di una Nazionale presa due anni fa, dopo il ‘tradimento’ di Roberto Mancini che a Ferragosto decise di rassegnare le dimissioni per poi pentirsene. “Non avevo nessuna intenzione di mollare”, ha detto invece Spalletti che oggi, così come il 29 giugno dello scorso anno dopo la brutta sconfitta con la Svizzera, non ha mai pensato alle dimissioni.

Domani guiderà per l’ultima volta la sua Nazionale, sarà la 23esima gara con un bilancio di 11 vittorie, 6 pareggi e 6 sconfitte. Lo ha ammesso lui stesso: i risultati non gli hanno dato ragione, ma molti calciatori dal punto di vista del rendimento lo hanno…tradito. “Ne ho visti molto sotto le loro possibilità”. Hanno ancora 90 minuti, non per riscattarsi perchè la frittata è fatta, ma quantomeno per scusarsi. Poi toccherà forse a Ranieri, magari a Pioli o a chissà chi altri (“Non è questo il problema”, dice Baldini), dare il Mondiale all’Italia. E se così sarà il primo a gioire sarà Luciano Spalletti, questa gioia la meriterebbe.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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