ROMA (ITALPRESS) – “Oggi in Europa non esiste un’intelligenza artificiale europea ed è un problema enorme, perché noi la inseriamo nelle procedure complesse dei vari Paesi e tutte le informazioni che circuitano all’interno effettivamente sono a disposizione non sappiamo bene di chi, in che misura o per cosa vengono utilizzate. Ecco perché sarebbe fondamentale, oltre a istituire delle regole all’ingresso, istituire anche dei bacini di costruzione di applicazioni”. Lo ha detto Massimiliano Nicolini, direttore R&S della fondazione Olivetti tecnologia e ricerca Olitec, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Le applicazioni utilizzate in Italia arrivano “dai Balcani, dagli Stati Uniti o dalla Cina, ma noi abbiamo una capacità enorme di costruire: siamo il Paese che ha dato i natali al computer, alle videochiamate. Dovrebbe esserci molto più supporto non tanto nelle idee che permettono il guadagno di qualcuno, ma nelle idee che vanno a beneficio del Paese: è solo una questione di volontà non di tecnica”, ha sottolineato.
“Mi piacerebbe molto che il nostro Paese riconoscesse di più i talenti che ha, che vengono spesso riconosciuti dagli altri Paesi. Negli Stati Uniti si festeggia il G-Day, il giorno dei padri fondatori dell’informatica: 8 su 10 sono italiani e noi non lo festeggiamo”, ha sottolineato Nicolini, che si occupa di bioinformatica, “una scienza che permette ai ricercatori di trovare soluzioni di interconnessione e di analisi tra i segnali che il nostro corpo dà e le macchine che ci circondano: è già parte quotidiana della nostra vita, basta aprire un cellulare con un’impronta digitale. All’interno di otto centri in Italia stiamo formando 141 giovani per diventare ricercatori bioinformatici con specializzazione in realtà immersiva e intelligenza artificiale”.
Negli anni da questi centri “sono nate delle invenzioni che effettivamente hanno cambiato il corso della storia, una su tutti è il protocollo HBA, il protocollo di identificazione univoca biometrica che l’Unione Europea ha utilizzato per il wallet europeo e che sarà il cuore del cambiamento del paradigma tecnologico dalla rete 5G a 6G, in cui non avremo più un account ma saremo l’account: questo identificativo permette di analizzare in tempo reale una serie di parametri biometrici e dire alla macchina ‘io sono io’. Il vantaggio è che non ci saranno haters, truffe digitali, pedofili online o chi ruba credenziali” perché “saranno scoperti in tempo reale. Coloro che vorranno utilizzare i sistemi digitali per fare del male dovranno avere il coraggio di metterci la faccia: oggi si nascondono dietro una tastiera ed è difficile trovarli anche per le forze dell’ordine, perché sono molto bravi”.
In un’epoca di conflitti, l’intelligenza artificiale serve anche ai mediatori “all’inizio e alla fine, ma non può sostituire il mediatore. Chi vuole ragionare in un’ottica di sostituzione del mediatore significa che vuole sostituire l’uomo, ma a questo punto l’intelligenza artificiale non ha senso di esistere. L’algoritmo può raccogliere le prove, riassumerle: è un accordo tra uomo e macchina, non c’è o l’uomo o la macchina”, anche perché “basta staccare la corrente e la più grande intelligenza artificiale del mondo non funziona e perché comunque l’algoritmo è scritto da un uomo, non esiste una macchina che scrive da sé le regole con le quali si deve comportare”.
Sull’intelligenza artificiale, al momento, “siamo in un enorme far west. Secondo me l’unica cosa di cui dovremmo dotarci non è analizzare il risultato di ciò che l’intelligenza artificiale può produrre e poi cercare di perseguire il risultato sbagliato e chi l’ha generato. Basta introdurre delle regole alla fonte, quello che viene chiamato la regolamentazione di “by design”, cioè il disegno dell’applicazione, come fanno le agenzie per i farmaci: mi fai vedere la formula, mi fai vedere le sperimentazioni che hai fatto e io decido se questa medicina può essere venduta nel mio Paese o no. Per il software questo non accade ed è tutto all’interno di black box che sono sempre complesse da decifrare”.
Inoltre “perseguire i software malevoli che vengono immessi nel territorio è un lavoro complesso e che richiede una preparazione, ma soprattutto una cultura di chi utilizza gli strumenti, che è una cosa che noi in Italia – con il 51% di analfabeti digitali e il 28% di analfabeti funzionali – effettivamente fatichiamo ad avere in un tempo rapido. Ci vorranno 10 anni per arrivarci, ma quanti problemi dovremmo risolvere in questi 10 anni? Non sono pochi”. Nicolini è anche stato candidato al Nobel per la fisica: sapere di essere stato segnalato “non capita tutti i giorni, queste notizie arrivano anche tramite i rumors di chi ti ha proposto. Abbiamo fatto una scoperta importante, il peso fisico di un singolo bit, che permette di cambiare completamente la modalità con la quale il mondo si sta approcciando all’informatica” che era “considerata come qualcosa di volatile, senza corpo. In realtà abbiamo scoperto che il corpo ce l’ha e questo ci permette di capire – quando mandiamo un messaggio o una mail – quanta corrente consumiamo per un bit, quanto è l’inquinamento che generiamo e qual è il costo operativo”.
“Finora i software non avevano alcun tipo di categorizzazione di classe, perché non c’era un parametro fisico che permetteva di dire se un software era buono o cattivo. Oggi – ha concluso – il peso fisico di un singolo bit permette di capire se quel programma che scarico sul mio telefono è buono o è cattivo in funzione del risparmio e mi aiuta a progettare dispositivi meno energivori”.
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