Nessuna de-escalation, Cina in campo per fermare la guerra

Sono due le notizie principali, quest’oggi, nella trentasettesima giornata di guerra in Ucraina. E com’è successo spesso dall’inizio del conflitto vanno in direzioni opposte. La prima, sul campo, è improntata ancora una volta al pessimismo perché la de-escalation annunciata dal Cremlino sul fronte della Capitale si è rivelata per ora un bluff. Attorno a Kiev, infatti, si è combattuto di nuovo pesantemente, in particolare a nord e a est. E’ stato lo stesso sindaco Klitschko ad annunciarlo e ad intimare ai propri concittadini che se ne sono andati nelle scorse settimane di fare attenzione. Più di qualcuno, infatti, fra gli abitanti della città stava già meditando di fare rientro ma i nuovi bombardamenti odierni confermano che la tregua, nella metropoli ucraina, è ancora lontana. E lo stesso vale per Chernihiv, la città martoriata vicino al confine con la Bielorussia, dalla quale le truppe russe avrebbero dovuto indietreggiare e che invece è stata nuovamente presa di mira.
A diventare il bersaglio della furia di Mosca è stato oggi l’ospedale oncologico, nonostante le promesse di ridurre sensibilmente il carico di morte e dolore sulla città. Ma in una giornata segnata ancora una volta dai missili c’è anche uno spiraglio a livello internazionale. La posizione della Cina rimane sempre ambigua: da una parte Pechino ha più volte sostenuto l’integrità territoriale dell’Ucraina augurandosi un rapido stop della guerra, dall’altra ha confermato in ogni circostanza la propria vicinanza geopolitica alla Russia. Dai colloqui di oggi con l’Unione Europea, però, Xi Jinping si è detto pronto ad esercitare una certa influenza nei confronti del Cremlino per arrivare ad un negoziato serio e credibile ed evitare altre stragi di innocenti. Un piccolo passo in avanti anche se le proposte concrete elaborate da Pechino, incentrate sui negoziati e la costruzione di una pace duratura in Europa e in Asia, suonano come buoni propositi che trovano tutti d’accordo ma che difficilmente torneranno utili per fermare il conflitto. Tornando al fronte, invece, per la prima volta la guerra ha travalicato il confine ucraino. Un deposito di carburante nei pressi di Belgorod, la città russa subito dopo la frontiera di Kharkiv, è stato attaccato questa mattina da elicotteri di Kiev. Lo staff di Zelensky non ha né confermato né smentito. Sarebbero stati distrutti otto serbatoi. Mosca si è affrettata a sostenere che il bombardamento dall’alto sul proprio territorio influirà negativamente sui colloqui di pace, dei quali Erdogan, anche oggi, si è fatto il principale promotore. Il presidente turco ha sentito al telefono Putin e lo ha invitato ancora una volta a sedersi attorno a un tavolo assieme all’omologo di Kiev per discutere di persona e trovare una soluzione al conflitto. Il leader del Cremlino ha ringraziato Ankara per l’impegno ma non si è pronunciato sulla possibilità di un incontro con Zelensky. Senza una bozza comune di accordo sancita preventivamente dalle rispettive diplomazie, difficilmente ci sarà un faccia a faccia fra i due presidenti.
(ITALPRESS).

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