La Russia prepara la spallata finale a Kiev

UKRAINIAN COUNTRYSIDE IN NORTH LWIV CHECKPOINT FOR THE ARRIVAL OF BUSES FOR CIVILIANS RUNNING TO POLAND. HUSBANDS AND FAMILIES ACCOMPANY WOMEN AND CHILDREN BEFORE SAYING GOODBYE AND RETURN TO LWIW UCRAINA NORD LVIV LEOPOLI PUNTO DI CHECKPOINT PER L'ARRIVO DI AUTOBUS PER CIVILI IN FUGA VERSO LA POLONIA PROFUGHI COPERTONI

La guerra in Ucraina è arrivata fino a Podil, nel cuore della Capitale. Lì dove ci sono le chiese storiche, a due passi dal Dnepr, dalla movida, dai club per i giovani. Il conflitto non è più confinato alle periferie, ai quartieri dormitorio con gli enormi grattacieli sovietici, ai sobborghi di là dai ponti. L’avanzata russa prosegue verso il cuore nevralgico della città, anche se continua ad incontrare una forte resistenza. Il diciasettesimo giorno dall’invasione ha confermato ciò che era emerso già l’11 marzo: la colonna infinita di tank si è disciolta per posizionarsi in maniera concentrica attorno a Kiev e tentare, nei prossimi giorni, la spallata definitiva. Ma è inutile fare previsioni, perché tutti i pronostici su questa guerra, finora, si sono rivelati errati. La Capitale cadrà in breve tempo? Avrà le forze per combattere a lungo? E cosa succederà negli scontri ravvicinati, quartiere per quartiere? Che la metropoli possa cedere con un’invasione esclusivamente terrestre appare improbabile e d’altronde le difficoltà di Mosca sono testimoniate dalle situazioni di stallo a Kharkiv, Mariupol e in altre località.

L’attacco dall’alto, che a Kiev ancora non c’è stato, potrebbe favorire sicuramente la Russia ma il rischio è di colpire indistintamente obiettivi militari e civili e di distruggere quasi completamente la città. Sarà disposto Putin a trasformare l’Ucraina in una sorta di Cecenia o di Aleppo? I piani del Cremlino, probabilmente, erano altri ma le guerre spesso portano al pantano e l’esercito russo ci è finito dentro e fa fatica a rialzarsi. Che non sarà un’avventura destinata ad esaurirsi a breve, in ogni caso, lo hanno ribadito nuovamente, in queste ore, le cancellerie occidentali. Il più attivo ancora una volta è stato Macron, che dopo aver parlato al telefono con lo “zar” ha ribadito che da parte di Mosca “non c’è nessun segnale che vada nella direzione di uno stop al conflitto”. La speranza di un negoziato un po’ più costruttivo rispetto ai tre incontri andati in scena finora in Bielorussia e in Turchia è riposta su Israele. Il premier ucraino Zelensky si è appellato al primo ministro dello stato ebraico, Bennett, auspicando un suo ruolo attivo nella mediazione con Putin e confermando la propria disponibilità immediata per un viaggio a Gerusalemme. Israele finora ha condannato l’invasione russa ma ha mantenuto un contatto costante con il Cremlino e potrebbe rappresentare un canale importante per via degli storici legami con i due Paesi e di un’emigrazione da Russia e Ucraina che non si è mai arrestata e che in questi giorni è cresciuta ulteriormente.

Il 12 marzo infine è stata diramata l’ennesima conta dei morti che continua a salire: sul fronte ucraino sono 1.300 i soldati uccisi mentre i civili caduti finora sarebbero qualche centinaio in più. Più incerti i numeri che riguardano i russi: secondo Kiev i militari nemici deceduti al fronte risulterebbero almeno 12 mila ma è una stima difficilmente confermabile. Mosca tace ma l’imbarazzo per una guerra sfuggita di mano è evidente.

(ITALPRESS).

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