Il pallone racconta Franco Zuccalà, giornalista “Campione del mondo”

Di Antonio Ricotta
Adesso il Pallone avrà meno cose da raccontare. Ha perso uno di quelli che con la sua voce, la sua penna, la sua ironia, ne esaltava la bellezza, come i piedi dei tantissimi campioni che hanno avuto la fortuna di incrociarlo durante la sua splendida carriera. Franco Zuccala è andato via, non ha potuto scegliere il big match da raccontare, non ha potuto inviare il “Pallone Racconta”, nè prepararsi per il sorteggio di Euro2024. Lo avrebbe fatto, ci teneva, non ha mai spesso un attimo di raccontare, di scrivere (il Derby d’Italia di domenica scorsa e il Pallone Racconta del giorno dopo gli ultimi lavori), parlare di calcio e non solo perchè nella sua carriera, oltre a Mondiali (c’era in Inghilterra nel 1966) ed Europei, ha raccontato di Olimpiadi, ha intervistato grandi personaggi non per forza legati al calcio. Aveva un modo unico di “ingaggiare” personalità della politica o del mondo dello spettacolo che sfuggivano alle interviste come Pelè e Maradona agli avversari (braccò anche O’Rei e Diego). “Scrupoloso e raffinato”, scriveva “commenti mai banali”. Lo ha ricordato così il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, e così era Zuccalà. Giocava col suo nome dicendo che è sempre stato e sarebbe sempre stato “Franco” nel raccontare, perchè sapeva esaltare le bellezze del calcio, ma non ne dimenticava le storture e certe bruttezze.
Nel 2004, in una via di Lisbona, al nostro primo incontro disse: “Per te è il primo, per me sarà il mio ultimo Europeo”. Non fu così ovviamente, due anni dopo vincemmo “il Mondiale insieme in Germania”. Così dicevamo tra di noi. Esperienza unica, vissuta macinando chilometri in macchina, il vero navigatore era lui e le sue enormi cartine geografiche. E se qualche indicazione non era corretta, chiedeva informazioni: inglese, francese e se non ci si riusciva a intendere con l’interlocutore scappava via il suo “catanese”. In quei viaggi c’erano i suoi racconti, bellissimi, divertenti, a volte anche amari, c’era la vita da redazione, le cene a tarda notte dopo la chiusura del giornale, c’era un mondo che non c’è più. Dopo carta stampata, tv e tutto il resto gli mancava l’agenzia e ha continuato il suo percorso in una nuova veste. Non si è mai fermato, nè arreso ai cambiamenti del tempo, è diventato un videomaker vicino agli 80 anni, regalando splendidi documentari sui viaggi che continuava a fare e montando i servizi per la sua rubrica “Il Pallone Racconta” che continuava a ricevere consensi da parte degli appassionati.
Amava il calcio, fece anche l’arbitro e continuò a farlo anche quando cominciò a scrivere i primi pezzi (mi girò il primo del 1958 “Campionato di calcio al Leonardo Da Vinci” era il titolo). Poi scelse il giornalismo. Amava la Nazionale, era fiero della maglia azzurra dei 50 anni di carriera che Prandelli e Buffon gli consegnarono. Amava ancor di più il “suo” calcio, quello degli anni in cui le interviste si facevano negli spogliatoi, per strada, al telefono di casa, non in sale stampa affollate dove, diceva, “può venir fuori il calciatore ma non l’uomo”. Poi ci furono i tempi della “Domenica Sportiva”, ma anche di “90° Minuto”, gli appassionati di calcio amavano i suoi pezzi ironici, dove c’era di tutto, legava il momento storico alla partita, al luogo dove si trovava. Una volta i tifosi esposero uno striscione: “Siam venuti fin qua per vedere Franco Zuccalà”, il giornalismo televisivo stava cambiando e lui fu uno dei primi ad aprire la nuova strada, i suoi pezzi ironici non passavano inosservati e la gente per strada continuava a dimostrarglielo. Il Pallone continuerà a raccontare, ma oggi ha perso chi lo faceva in maniera unica. Ciao Franco e soprattutto grazie di tutto.
(ITALPRESS).

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