Dalla Cina con “Filoli”, Xi rilancia Biden

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Lascia perdere la guerra Joe, per farti rieleggere pensa all’economia! Il presidente cinese Xi Jinping nel vertice Apec di San Francisco, sembra suggerire al presidente degli USA Joe Biden lo slogan con cui uno sconosciuto governatore dell’Arkansas – Bill Clinton, “It’s the economy, stupid!”, 1992 – strappò la Casa Bianca al vincitore della prima guerra del Golfo George Bush. Non sarà un caso che per il primo incontro ravvicinato dove i due leader potevano sentire il fiato dell’altro senza paura del covid, sia stata scelta una villona chiamata Filoli, da un miliardario californiano, ex cercatore d’oro, che usò l’abbreviazione del suo motto: “FIght for a just cause. LOve your Fellow Man. LIve a Good Life”. (Combatti per una causa giusta. Ama il tuo prossimo. Vivi bene la vita).
Per almeno dieci anni ormai, gli esperti “falchi” di think tank e di università Ivy League hanno cercato di convincerci che la resa dei conti finale tra Cina e USA non si analizza sul se ma sul quando sarebbe avvenuta. Come se nelle relazioni internazionali, restare “Number One” costringesse ogni potenza al conflitto con l’attuale “numero due”. E se invece in questo mondo ci fosse posto per entrambi? Proprio così si è presentato Xi da Joe, perché nonostante i loro sistemi politici opposti, in passato le due economie hanno tirato la volata all’altro, allora perché non riprovarci?
Per gli ultimi trent’anni la crescita della Cina è stata trainata dai consumi e investimenti americani, mentre a sua volta Pechino ha “finanziato” gli USA e il suo stato di superpotenza mondiale comprando i suoi titoli di stato. Questo legame aveva funzionato a lungo, fino a quando si è imposta una “narrativa” strategica che invece di suggerire come i due giganti dovessero “correggere” certe storture che sbilanciano il rapporto – troppo a favore della Cina – ha raccontato che fosse giunta l’epoca della resa dei conti “manu militari”. Così Taiwan, l’isola tigre economica virtuosa iper tecnologica che finora aveva servito entrambe le economie delle due superpotenze, di colpo diventava la “casus belli” per una guerra che nessuno potrebbe mai vincere senza distruggere il mondo.
Invece Biden e Xi, nella città dove 78 anni fa furono create le Nazioni Unite, sono tornati a parlarsi di nuovo da benigni “competitor” più che da maligni “nemici”. Questo perché la crisi dell’economia cinese, che negli ultimi due anni continua a tirare il fiato dopo anni di crescita record, deve aver convinto il Partito Comunista cinese, da sempre tutore della stabilità sociale attraverso la crescita, che non sarà mai rafforzando il rapporto con l’arrugginita economia di guerra di Putin o le speranze di sostituire il dollaro con la valuta immaginaria dei BRICS, che si potrà continuare ad avere la fiducia di un miliardo e 200 milioni di cinesi che si affidano al partito creato da Mao e che con Xi è tornato a concentrare tutto il potere nel “timoniere”.
Per questo Xi, nelle prime parole dette a Biden, gli ha ricordato che è la mancanza del loro tradizionale collaborazione economica che ha reso le relazioni sino americane “stupide” e quindi il mondo “pericoloso”, e che alla stabilità globale non c’è alternativa al ritorno della piena intesa finanziaria -commerciale-tecnologica-sanitaria tra Washington e Pechino, come avveniva fino a pochi anni fa.
Dal vertice di San Francisco, anche Biden aveva un estremo bisogno dell’aiuto di Xi Jinping per la “bella figura”, perché l’ex presidente Donald Trump, il suo maggiore ostacolo per poter restare alla Casa Bianca, ripete nei comizi che solo con lui gli USA potrebbero evitare la guerra con la Cina (o con la Russia), perché tutti i leader del mondo temono lui e disprezzano “Sleepy Joe” (Joe l’addormentato). Invece Biden si è svegliato e ha raggiunto a San Francisco risultati importanti, come l’annuncio di aver ristabilito la comunicazione militare con la Cina (per evitare l’incidente già più volte sfiorato), che è stata raggiunta l’intesa per la collaborazione con i cinesi sul problema delle importazioni illegali di fentanyl e, come ai tempi della “linea rossa” tra Casa Bianca e il Cremlino, c’è stata da entrambi i leader la promessa che prima di peggiorare le relazioni tra le due superpotenze, i due avranno una comunicazione diretta e immediata per chiarirsi e abbassare i toni.
Basterà un vertice riuscito a “calmare” il mondo? Un primo segnale di nuova collaborazione sino-americana arriva dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che dopo 40 giorni di “blocco totale”, proprio mentre Biden accoglieva Xi, ha finalmente passato una risoluzione umanitaria su Gaza presentata da Malta. Si apre un nuovo ciclo nelle relazioni? “Trust but verify “ ha detto Biden come faceva Reagan con Gorbaciov, che poi nella “gaffe” di chiamare “dittatore” Xi alla fine della conferenza stampa fino a quel momento “staged”, ha forse tolto all’avversario Trump la possibilità di attaccarlo sull’essere troppo “accomodante” con il leader cinese.
Per il “dittatore” Xi, la tappa di San Francisco era fondamentale per cercare di riposizionare una strategia economica cinese che nella “rivalità a tutto campo” – più subita che voluta – con gli USA aveva finora stentato. Per Biden doveva soprattutto servire a stabilire che, se il vecchio presidente riuscirà a farsi confermare dal suo partito come candidato alla Casa Bianca (ad ogni apparizione pubblica appare più affaticato dei suoi 81 anni), la performance nell’economia della sua amministrazione, più che i processi giudiziari, potranno aiutarlo a tenere lontano Trump dalla Casa Bianca.

Stefano Vaccara

– Foto profilo Instagram Casa Bianca –

(ITALPRESS).

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