UNIBA E AQP CONVERSANO SU NUOVO UMANESIMO DEL LAVORO

“Le nuove tecnologie disegneranno nuovi scenari relazionali, economici, occupazionali. E’ compito delle istituzioni politiche e delle agenzie formative governare tali processi evolutivi, portando al centro la persona e valorizzando la dignità umana. Le new skill richieste dal mercato del lavoro e soprattutto i modelli di organizzazione aziendale e produttiva devono essere declinate assumendo la prospettiva del nuovo umanesimo che vuol dire affermare i valori della dignità umana, il senso della persona come sistema e non perdere di vista quella trama valoriale che è insita nei rapporti sociali. Le trasformazioni tecnologiche e anche economiche che molto spesso modificano anche  le tipologie di lavoro- ha concluso Uricchio – sono importanti ma non devono far perdere di vista la centralità dell’uomo. ” Così il Rettore dell’Università degli studi di Bari Antonio Felice Uricchio che questa mattina insieme con il direttore delle risorse umane dell’Acquedotto Pugliese, Piero Scrimieri ha conversato con il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti di nuovo umanesimo del lavoro. L’incontro si è tenuto nell’ambito delle conversazioni di Agorà, che affrontano tematiche attuali con uno spirito riflessivo e critico.

“Siamo qui per parlare della tecnica e della sua interazione con l’uomo – ha detto Umberto Galimberti – pensiamo che la tecnica sia uno strumento nelle mani dell’uomo e invece è diventata il vero soggetto della storia e l’uomo è diventato funzionario di apparati tecnici. La gente pensa (e si chiede, ndr) cosa possiamo fare noi con la tecnica e invece il problema serio è che cosa la tecnica può fare per noi. La tecnica oggi è in grado di produrre effetti che dal punto di vista umano sono imprevedibili. Nel senso che la nostra capacità di fare è enormemente superiore alla nostra capacità di prevedere gli effetti del nostro fare”. Considerazioni quelle del filosofo che vanno dritte nel segno e configurano a suo dire scenari decisamente negativi. A chi gli chiede a cosa andiamo incontro, la risposta è secca e decisa: “La catastrofe, la fine dell’Occidente – e poi aggiunge – non dobbiamo pensare che tutto si può risolvere, ci sono dei punti oltre i quali non si risolve più niente. L’occidente rappresenta il 17% della popolazione mondiale e per tenere questo livello di vita ha bisogno dell’80% delle risorse della terra. Qual è il sistema che può stare in piedi in questa maniera? Ci sono 7 miliardi di persone che devono accontentarsi del 20% delle risorse della terra. E dobbiamo ancora crescere? E’ solo la pazzia che può far dire queste cose, o al massimo un economista che per me sono la stessa cosa”.

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