MANCINI “ITALIA IN QATAR CON CHIESA E BALOTELLI”

Mario Balotelli e Federico Chiesa saranno i trascinatori della nuova Italia di Roberto Mancini. Il ct azzurro conta su di loro per rilanciare la Nazionale e trovare una sorta di riscatto personale. Perchè se è vero che il primo traguardo è Euro2020, il tecnico jesino guarda anche più in là. Intervistato per il numero di luglio-agosto di “GQ”, in edicola da domani, il Mancio ripercorre i suoi trascorsi azzurri da giocatore, a partire dall’esclusione dalla Nazionale che avrebbe giocato a Messico ’86 per una notte brava a New York due anni prima. Al rientro in albergo trova Bearzot che “me ne dice di tutti i colori, che mi sono comportato come un somaro, che non mi chiamerà mai più in Nazionale, nemmeno se segnerò 40 gol a campionato. Anni dopo, quando s’era ormai ritirato, incontrai Bearzot. Non feci in tempo a chiedergli nulla, fu lui ad assalirmi. ‘Perché non mi hai chiamato per scusarti?’. Rimasi di sale. Non l’avevo fatto perché mi vergognavo troppo del mio comportamento, ed ero certo che lui fosse ancora furioso con me. Bearzot si mise le mani nei pochi capelli che gli restavano. ‘Io aspettavo soltanto la tua telefonata per richiamarti in Nazionale. Ma senza le scuse non potevo fare niente, e così ti sei perso il Mondiale del 1986’. Volevo morire”. Non è andata meglio con Vicini. “Non sono riuscito a emergere in azzurro, e sì che il talento non mi mancava, perché non ho mai avuto l’opportunità di giocare le cinque partite di fila che mi servivano per ‘entrare’ nel motore della squadra. Non puoi però pretendere strada libera per sei mesi, a prescindere da quanto mostri in campo. All’epoca lo sognavo, ed ero un ingenuo”. Poi la lite con Sacchi per una sostituzione durante un’amichevole con la Germania che gli costò Usa ’94.

“Una cretinata enorme – riconosce oggi Mancini – Tra l’altro in quel Mondiale, tra gli infortuni, le squalifiche e il grande caldo, avrei sicuramente giocato moltissimo. Risultato: non ho giocato un minuto di un Mondiale, e la trovo un’assurdità anche se in buona parte la colpa è mia. Ora penso a qualificarmi per l’Europeo e poi a disputarlo alla grande, io gioco sempre per vincere. Ma confesso che l’idea del Mondiale, visti i precedenti, già mi frulla in testa”. Tra i giocatori su cui pensa di costruire la riscossa c’è Federico Chiesa: “Ogni tanto mi fermo a osservarlo, perché con lui viaggio nel tempo. Federico è identico a Enrico, le stesse finte, la stessa accelerazione, un tiro molto simile. Quest’anno ha segnato poco in relazione alle potenzialità, ma è il classico talento che può esplodere in qualsiasi momento anche dal punto di vista realizzativo. Io me lo aspetto”. E poi c’è, ovviamente, Balotelli. “Provo affetto per lui, è ovvio, ma il suo ritorno in azzurro ha motivazioni esclusivamente calcistiche – spiega Mancini – Mario ha soltanto 28 anni, e quindi fa ancora in tempo a prendersi tutte le soddisfazioni che desidera perché al suo background fisico e tecnico ha aggiunto l’esperienza. Insomma, è cresciuto in tutti i sensi. Considerato che la Nazionale è destinata a perdere – subito o nel giro di un paio d’anni – lo zoccolo duro che ci ha tenuto a galla fino al flop con la Svezia, ho bisogno di nuovi leader. Mario ha l’età e la credibilità tecnica per farlo, e per fortuna non è l’unico”.
(ITALPRESS).

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