VIAGGIO NEL MONDO DELLA SCIENZA, FLEMING

“Piccolo di statura, viso arcigno sotto i capelli bianchi foltissimi, due occhi color di piombo fuso, duri e dolci come giade”, così lo descrisse Indro Montanelli. Nel 1955, moriva Alexander Fleming batteriologo e Premio Nobel, scopritore della penicillina. Nessuno più di lui – nella storia dell’umanità – ha salvato più vite, abbattendo la mortalità per alcune malattie, nel passato incurabili. Fleming era nato il 6 agosto 1881, in Scozia, da famiglia di contadini. Alexander ricordava la grama fanciullezza, con il quotidiano cammino a piedi per raggiungere la scuola e la mamma che gli dava due patate bollenti, per riscaldarsi durante il tragitto e poi fare colazione. Nel 1901, grazie a un piccolo lascito, Fleming decise d’intraprendere la carriera medica. Come studente di medicina dimostrò subito eccezionali capacità e si laureò superando facilmente tutti gli esami, guadagnandosi tutti i premi previsti per i laureandi. Alec dopo la laurea entrò nel Dipartimento d’inoculazione del “St. Mary’s Hospital”, nel cui piccolo e disordinato laboratorio, lavorò tutta la vita; nel 1915 si sposò con un infermiera irlandese ed ebbe un figlio, Robert. Rimasto vedovo, si risposò nel 1953 con la dottoressa Amalia Coutsouri-Voureka, bella e intelligente ricercatrice greca, espulsa dal regime dei colonnelli. Anche dopo i successi e la fama lo scienziato rimase un uomo semplice, schivo e modesto con hobbies comuni – quali giardinaggio, biliardo, tiro al piattello, golf – dedito sempre alla ricerca e all’insegnamento.
Fleming, durante i suoi studi, ebbe la fortuna di conoscere personalmente colossi della scienza biomedica, quali Metchnikoff, Shaw, Ehrlich : era rimasto, in particolare, colpito dalle ricerche di quest’ultimo (Premio Nobel, fondatore della chemioterapia, pioniere della teoria degli anticorpi, celebre per la scoperta del “salvarsan” contro la sifilide) che cercava una “pallottola magica”, in grado di uccidere l’agente infettivo senza danneggiare l’organismo ospite.
Alexander ebbe il suo primo successo sperimentale nel 1922, isolando il lisozima: un elemento che si trova nel muco nasale, nelle lacrime, nella saliva, capace di bloccare lo sviluppo di alcuni batteri. Purtroppo tale sostanza, che è un enzima, non rispose a pieno alle grandi speranze che aveva destato.
La sua sensazionale scoperta – dovuta a intuizione e casualità, o “serendipità” come si direbbe oggi – avvenne nel 1928. Fleming aveva lasciato dapprima aperta, per pochi secondi, una piastra ove si coltivavano batteri, che fu contaminata dalle spore di una muffa; quindi, dovendo partire per un mese di ferie, lasciò la capsula sul bancone di lavoro, invece di inserirla nell’incubatrice. Al ritorno dalle vacanze, lo scienziato rilevò che i batteri stafilococchi si erano sviluppati, tranne che nelle zone pervase dalla muffa del “penicillium”. “E’buffo” bisbigliò Fleming e iniziò ad approfondire le ricerche, estraendo una sostanza che chiamò penicillina. Iniziava una rivoluzione terapeutica, lunga e complicata, quasi romanzata.
Grazie, anche, alle successive sperimentazioni del patologo australiano Florey e del biochimico ebreo Chain, il farmaco meraviglioso fu depurato, misurato, sperimentato nell’uomo e reso disponibile per la clinica. Per rendere un’idea delle difficoltà connesse all’isolamento di una dose necessaria all’inoculazione in un paziente, erano necessari 2.000 litri di liquido di coltura di “penicillium notatum”. La penicillina presentava ottima solubilità, tossicità praticamente nulla e si dimostrò efficace contro la grande maggioranza dei germi gram-positivi (stafilococchi, pneumococchi, bacillo del tetano) e contro alcuni germi patogeni gram-negativi, quali meningococchi e gonococchi.
Per verità storica è stato accertato che più di trent’ anni prima di Fleming, vale a dire negli anni 1893-1895, un medico della Marina italiana, Vincenzo Tiberio, formula l’ipotesi avvalorata poi dai risultati di ricerche sperimentali da lui condotte, che alcuni muffe liberano sostanze capaci di inibire lo sviluppo dei batteri.
Questo giovane medico intuisce, e documenta in uno studio, il potere di distruzione da parte delle muffe. Tiberio formula l’ipotesi, avvalorata poi dal risultati di ricerche sperimentali da lui condotte, che alcune muffe liberano sostanze capaci di inibire lo sviluppo dei batteri. Alla scoperta di Vincenzo Tiberio non venne data alcuna importanza.
La produzione su scala industriale iniziò nel 1941 negli U.S.A. e in Inghilterra e ne beneficiarono in primo luogo le armate americane e britanniche, impegnate nella seconda guerra mondiale. Nel 1945 Fleming (con Florey e Chain) fu insignito del Premio Nobel per la medicina.
Anche diversi pazienti italiani, via via che avanzava l’occupazione americana, poterono godere tra i primi di questa rivoluzione terapeutica. I medici meno giovani ricordano con quale apprezzamento e stupore i grandi clinici e chirurghi di quel tempo – Frugoni, Villa, Condorelli, Valdoni, Dogliotti, Ascoli-osservarono sui malati le strepitose guarigioni prodotte dall’iniziale impiego dell’antibiotico, che cambiò la vita di moltitudini di uomini. Nel 1948 Fleming divenne direttore dell’Istituto di microbiologia del St. Mary’s Hospital.
Nel 1952 affermò di avere basato le sue ricerche sugli studi di Pasteur e Lister, padri della vaccinazione e dell’antisepsi, sottolineando come ogni successo fosse dovuto a genio e fortuna insieme.
Nell’ultima fase della sua vita Fleming ebbe fama, successi, gloria, riverito da sovrani e governi, con una gratitudine infinita da parte del mondo intero e con plurimi riconoscimenti : lauree “honoris causa”, conferimento dal titolo di Sir, onorificenze e premi. Il grande scienziato morì d’infarto l’11 marzo 1955.
Le sue spoglie riposano nella cripta della cattedrale londinese di Saint Paul, accanto a quelle di Wellington e di Nelson. La vera superiorità di Fleming – dissero nella sua commemorazione – consisteva nella fantastica capacità di comprendere il significato, di un’osservazione scientifica : in lui si poteva scorgere il “dito di Dio”.
                                                                                                          Adelfio Elio Cardinale

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