IN ITALIA BRAND RESTANO FORTI, I PREMIUM VOLANO

L’auto del futuro avrà ancora un unico padrone? L’auto che lasceremo sotto casa la sera, sarà la stessa che riprenderemo al mattino? Probabilmente no. E’ quanto emerge da dallo studio “Automotive 2030” di Ibm frutto di 1.500 interviste effettuate a dirigenti dell’industria auto a livello mondiale, e delle risposte di 11.500 consumatori. Secondo i dati raccolti dall’Institute for Business Value (IBV) infatti il 48% degli intervistati ritiene che il brand e il servizio di assistenza del veicolo non avranno più importanza, a condizione che l’auto sia conveniente e il servizio di facile accesso. Nei prossimi 10 anni quindi i consumatori daranno più importanza all’utilizzo delle automobili rispetto al loro possesso, ma in Italia non succederà secondo chi le auto le vende ogni giorno. “Tutto il mondo non è uguale, noi abbiamo una cultura diversa, quella del possesso, oltre a essere più stanziali.

Sono trend che da noi si verificheranno più avanti” secondo Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, che raccoglie 1.100 rivenditori di automezzi in Italia. “I brand continueranno a esserci, con delle differenze: al posto delle prestazioni parleranno di altro, come i servizi che saranno in grado di offrire a bordo. Come per altri settori, credo che i marchi premium rimarranno: se una macchina è bella e di moda, la comprano di più. E’ una scelta simile a quando si sceglie di viaggiare in business in aereo” aggiunge Carlo Alberto Jura, presidente dell’Unione dei concessionari italiani Fca (Ucif). “L’auto è una commodity, ma non dobbiamo confondere lo Swatch con il Rolex. C’è chi cerca dalla macchina qualcosa in più, i marchi premium valgono il 20% mercato, non è poca roba” concorda De Stefani Cosentino.

“I marchi dovranno far emergere l’esperienza a bordo, più che le caratteristiche di guida. L’auto dovrà essere connessa, confortevole. Inoltre, in Italia, l’auto resta uno status symbol: i ragazzi usano il car sharing, ma se possono si comprano l’auto. Il concetto di proprietà resta valido” aggiunge Jura. Anche guardando allo sviluppo tecnologico, lo studio di Ibm non ha dubbi circa l’evoluzione futura dell’auto, indirizzato verso l’elettrico. Non la pensa così il presidente di Federauto: “Sull’elettrico dovremo fare marcia indietro, non abbiamo abbastanza energia. All’estero sarà una tecnologia ghettizzata nelle grandi città, anzi nel centro delle grandi città. In Italia però nei centri urbani c’è una concentrazione abitativa più bassa. Senza dimenticare che il trasporto pubblico è pessimo. E poi ci sono 8mila piccoli comuni. Ritengo poi che bisognerà iniziare a parlare anche dell’elettrico non incentivato nei grandi mercati, a quel punto mi chiedo cosa succederà. Oggi le grandi case si svenano, ma l’elettrico non è panacea di tutti i mali. Cinesi e americani ci hanno fregato, loro hanno tutte le miniere di litio nel mondo, in Europa non ce n’è, vediamo. Anche per questi motivi l’uso della macchina da noi cambierà più lentamente”.


Scettico si dice anche Jura: “Molti comprano l’ibrido per le agevolazioni fiscali ma il senso ecologico dei clienti è tendente allo zero, nessuno è entusiasta di questi acquisti. Hanno capito che consente di guidare sempre, ma potessero sceglierebbero un vecchio diesel. L’elettrico deve essere ‘fun to drive’, rappresentate un’estensione del salotto di casa a livello di entertainment, visto che offrirà sempre poche prestazioni”. Quindi cosa accadrà? “I brand generalisti avranno meno opportunità, dovranno per forza consolidarsi. Quelli premium resisteranno, aggiungendo più alti standard qualitativi” secondo Jura. “Anche i grandi gruppi di concessionarie abbandonano i generalisti per i premium, perché lì c’è la customer experience: tra una Panda e i10 Hyundai cambia poco, nel lusso c’è preferenza tra marchi. Nel premium chi vuole usare una sportiva sceglie Bmw, che vuole un’auto comoda preferisce Mercedes” conclude De Stefani Cosentino.

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