GIOVANI, DISTURBI ALIMENTARI SEMPRE PIÙ DIFFUSI

I disturbi alimentari sono sempre più diffusi tra i giovani e iniziano a manifestarsi già a partire dagli 11/12 anni, con casi clinici anche di bambini di soli 8 anni. Tra le cause principali che catalizzano i disturbi alimentari vi sono anche i social network, che possono spingere ad avere comportamenti insalubri e distorti nei confronti del cibo. Oltre alla bulimia e all’anoressia, che interessano prevalentemente le donne tra i 15 e i 25 anni, sta emergendo fra gli uomini la ‘vigoressia’, patologia mentale inclusa nelle cosiddette dismorfofobie legata a un’ossessione per il proprio aspetto fisico, in particolar modo per la massa muscolare. Chi ne è affetto vive di allenamenti massacranti accompagnati da una dieta squilibrata tendente ai cibi iperproteici.

Alle restrizioni patologiche nell’assunzione di cibo, come avviene nell’anoressia e nella vigoressia, si aggiungono le grandi abbuffate incontrollate, il cosiddetto disturbo da alimentazione incontrollata, privo di comportamenti di compenso che può sfociare nell’obesità. Quando questa assunzione spropositata di cibo è seguita da vomito, abuso di farmaci come lassativi o attività fisica esagerata per compensare le calorie ingerite si è invece innanzi alla bulimia, la cosiddetta “fame da bue” legata a voracità patologica. Ad accendere i riflettori su queste patologie è Annalisa Venditti, psicologa specializzata nei disturbi del comportamento alimentare presso il Gruppo INI, l’Istituto Neurotraumatologico Italiano. “I bambini nascono sani con bisogni di fame e sazietà che fanno regolare il peso – sottolinea -, poi subentrano tutta una serie di condizionamenti, ad esempio familiari. Ci sono famiglie che elogiano troppo la magrezza, che mettono i figli a dieta da piccoli. Decidono gli altri cosa mangiare, iniziano i divieti e il cibo diventa un nemico”.

Questa situazione, spiega, può avere un impatto significativo nel cristallizzare i disturbi alimentari e portare a comportamenti distorti: “Un improvviso controllo estremo del cibo con paura di ingrassare, difficoltà a mangiare con gli altri, bassa autostima, attività fisica eccessiva, scomparsa di grandi quantità di cibo e ritrovamento di cibo in posti anomali, rituali alimentari particolari, estrema selettività alimentare, problemi gastrointestinali, tanto per fare alcuni esempi. L’alimentazione è una funzione biologica primaria e quando viene compromessa lo è gran parte della vita anche nelle relazioni sociali. Le diete da sole non sono risolutive, perché non si tratta di un problema di linea ma di disagio e insicurezza, di attenzione morbosa verso il corpo. E la restrizione alimentare non lo risolve bensì lo amplifica. Non va sottovalutato che il comportamento disfunzionale ha sempre lo scopo di preservare uno stato di benessere, per cui ci si abbuffa per far fronte alla noia, alla mancanza di affetto, ad un bisogno di consolazione o ancora per evadere da una situazione, per placare lo stress, per soffocare un’emozione, così come si ricerca la magrezza e la forma perfetta del corpo per un bisogno di sentirsi più sicuri di sé”, conclude.

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