Sharing economy, esempi

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Sharing economy, esempi pratici, significato e definizione. Cos’è e come funziona questo modello economico basato sulla condivisione di beni, servizi e conoscenze.

Sharing economy, cosa significa

Abbiamo già approfondito il tema della sharing economy in Italia, nell’approfondimento intitolato “Sharing economy, cos’è” vi abbiamo spiegato in dettaglio il significato del termine e la sua definizione. Abbiamo visto il capitale mosso da questo settore in Italia e non sono mancati esempi concreti.

Cosa significa sharing economy? Letteralmente, il termine inglese significa “economia condivisa” ma viene meglio tradotto come consumo collaborativo. Si tratta di un modello economico nato in antitesi a quello del consumismo basato sull’individualità. Nel consumo collaborativo, l’economia è basata su pratiche che vertono sullo scambio e la condivisione di bene materiali, servizi o conoscenze. Con  a sharing economy si hanno vantaggi immediati e facilmente intuibili quali un risparmio delle risorse per il singolo (costi abbattuti per il fruitore) per l’ambiente (minor impatto ambientale) e per la collettività (parliamo di beni o servizi condivisi tra più persone).

Sharing economy, esempi pratici

Per capire bene che cos’è la sharing economy vi riportiamo diversi esempi pratici. Nell’articolo segnalato in precedenza e intitolato cos’è la sharing economy vi abbiamo riportato nel dettaglio esempi come:

  • Biblioshare, biblioteche virtuali – dove si condividono libri ebook
  • Car sharing – dove si condividono auto elettriche o tradizionali
  • Car pooling – dove si offrono passaggi
  • Bike sharing – dove si condividono biciclette elettriche o tradizionali
  • Viviconstile di Legambiente – dove si condivide la conoscenza
  • La Stanza dello Scambio di Milano – dove si condividono beni materiali
  • Last minute sotto casa – dove si salvano risorse alimentari

Se questi esempi di sharing economy non dovessero bastare, sappiate che in Italia si verificano molte altre attività basate su questo modello. Il consumo collaborativo è basato sulla condivisione di beni, servizi e conoscenze ma anche su uno stile di vita collaborativo dove lo scambio reciproco porta vantaggi a sé e alla collettività.

Nell’ultimo periodo si sta diffondendo il fenomeno dello scambio casa: si sceglie di condividere la propria casa avviando scambi di ospitalità. Questo meccanismo consente ai turisti di soggiornare gratuitamente, per un periodo di tempo limitato, in un’altra città, soggiornando nella casa di chi ha deciso di partecipare allo scambio.

I benefici sono enormi perché il turista può davvero immergersi in un contesto culturale e in un territorio diverso. Si può scegliere di condividere la prima casa o la seconda (la casa vacanza) che è impiegata solo in determinati periodi dell’anno e, il resto del tempo, rappresenta un mero spreco.

Anche la Banca del tempo sfrutta il principio del consumo collettivo e qui, l’unità di misura è il “tempo”. In pratica ciò che si scambia è il “sapere”, sapere inteso come prestazioni professionali, consulenze o altri servizi professionali. In pratica la “banca del tempo” fa incontrare professionisti che mettono a disposizione della società le proprie conoscenze ottenendo in cambio altre. Quando un utente offre qualcosa, questo servizio viene convertito in tempo e potrà poi usufruire di una prestazione che richieda il medesimo tempo.

Nel settore dei trasporti, la sharing economy trova l’apice della sua attuale “maturità”, oltre ai modelli di car sharing, car poolin e bike sharing segnalati in precedenza, esistono altri esempi innovativi che coinvolgono start up.

Dal famosissimo Uber e Blablacar (esempi di car pooling) possiamo passare al taxi collettivo on demand un servizio ideato attivo e gestito dalla cooperativa artigiana radiotaxi Venezia-Mestre. Il servizio è attivo da gennaio 2017 e consente di trovare un passaggio in taxi con l’app Mvmant. Il prezzo non è quello standard di una corsa in taxi ma viene determinato non solo da percorso ma anche dal numero di persone che condividono lo stesso veicolo.

Altri esempi di Sharing economy ben consolidati in determinate città d’Italia sono gli orti urbani. Tra i vari progetti, segnaliamo quello della Codifans che ha assegnato gratuitamente diverse parcelle di suolo alle associazioni no profit che si sono offerte di gestire l’orto in condivisione sfruttando i principi dell’orto urbano.

Anche il crowdfunding, la raccolta fondi tramite il web, può essere annoverato tra gli esempi di sharing economy. In questo caso si mette in condivisione una più o meno modesta somma di denaro per ottenere vantaggi in prima persona (ricompensa) e per creare benefici alla collettività (la realizzazione di un progetto). Per tutte le informazioni vi rimandiamo alla pagina Raccolta fondi, come fare.